"Oggi un'educazione classica come quella di Leopardi è impensabile, e soprattutto la biblioteca del conte Monaldo è esplosa. I vecchi titoli sono stati decimati ma i nuovi sono moltiplicati proliferando in tutte le letterature e le culture moderne. Non resta che inventarci ognuno una biblioteca ideale dei nostri classici; e direi che essa dovrebbe comprendere per metà libri che abbiamo letto e che hanno contato per noi, e per metà libri che ci proponiamo di leggere e presupponiamo possano contare. Lasciando una sezione di posti vuoti per le sorprese, le scoperte occasionali.
M'accorgo che Leopardi è il solo nome della letteratura italiana che ho citato. Effetto dell'esplosione della biblioteca. Ora dovrei riscrivere tutto l'articolo facendo risultar ben chiaro che i classici servono a capire chi siamo e dove siamo arrivati e perciò gli italiani sono indispensabili proprio per confrontarli agli stranieri e gli stranieri sono indispensabili proprio per confrontarli agli italiani.
Poi dovrei riscriverlo ancora una volta perché non si creda che i classici vanno letti perché "servono" a qualcosa. La sola ragione che si può addurre è che leggere i classici è meglio che non leggere i classici.
E se qualcuno obietta che non val la pena di far tanta fatica, citerò Cioran (non un classico, almeno per ora, ma un pensatore contemporaneo che solo ora si comincia a tradurre in Italia): 'Mentre veniva preparata la cicuta, Socrate stava imparando un'aria sul flauto. «A cosa ti servirà?»" gli fu chiesto. «A sapere quest'aria prima di morire.»" (1981)
Italo Calvino: Perché leggere i classici
Arnoldo Mondadori Editore, Milano - 1991
pag. 19