"Tonino, quando finalmente emerse dal vicolo nello spiazzo davanti alla Certosa, vide Immacolata che correva faticosamente verso di lui: teneva le mani sulle tempie affondando le dita nei suoi meravigliosi capelli di rame. Appena lo vide gridò due volte: 'Aiuto, aiuto!'. Poi, fermatasi di colpo, si afferrò l'addome e in quella posizione li lasciò cadere seduta per terra. Tonino le si fermò accanto solo per una frazione di secondo e poi proseguì la sua corsa. Vicino alla fossa per la calce c'erano due monaci inginocchiati sopra una a figura scossa dagli spasimi, un brandello umano imbrattato di polvere bianca e disteso a faccia in giù, con le mani strette convulsamente sugli occhi. Tutti e tre insieme riuscirono a fatica a voltarlo sulla schiena: pezzetti di calce screpolata erano ancora incollati alle braccia, alle guance e alla fronte del muratore. Sebastiano aveva la faccia rossa e tumefatta; continuava a coprirsi gli occhi con le dita ricurve come artigli, cercando di infilarle dentro le orbite con un gemito affannato. Alla fine, senza opporre molta resistenza, si lasciò trasportare nell'ambulatorio del convento nel Chiostro Piccolo.Mentre correva in paese a chiamare il medico, Tonino passò accanto a Immacolata che continuava a restare seduta per terra e, dondolandosi ritmicamente, ripeteva piano: 'Aiuto, aiuto!'."
Gustaw Herling: L'isola
Mondadori, Milano - 1994
Traduzione di Donatella Tozzetti
pag. 48
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