Roma, ancora oppressa dai tedeschi e dai fascisti, si sentiva già avulsa dal resto d'Italia, indipendente da quel governo del settentrione. E resisteva ai tedeschi, incurante delle grida che minacciavano di morte chi non si presentasse al servizio del lavoro. Al primo bando si presentò poco più del due per cento dei chiamati; al secondo bando non si presentò, si può dire, nessuno (un ufficiale tedesco, un 'tecnico' dell'occupazione, che era stato in Olanda, in Polonia, in Francia, non se ne capacitava. Dappertutto, diceva, ho visto che al primo bando si presentava il venticinque, il trenta per cento dei chiamati, al secondo si arrivava al quarantacinque, al cinquanta per cento; ma qui da voi è impossibile, non viene nessuno). Era una ribellione muta, paziente, incrollabile. Un giorno il comando tedesco fece sfilare per le vie della città un'intera divisione, carri armati, auto blindate, negli autocarri soldati in perfetta tenuta di guerra, i fucili mitragliatori puntati verso la strada, una perfetta, terribile, macchina di guerra. I romani la lasciarono passare con qualche occhiata distratta, i crocchi si discioglievano al passaggio, gente che aspettava l'autobus si allontanava perché non si credesse che stesse ferma a spettacolo. "
Paolo Monelli: Roma 1943
Einaudi, Torino - 1993
pag. 286
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