"Il punto che mi preme riguarda lo Stato italiano degli anni in cui si è svolta la nostra vita adulta. Molto sommariamente: lo Stato di cui è provata una lunga e vasta corresponsabilità in programmi eversivi, e nel ricorso a mezzi illegali e delittuosi per interessi di parti politiche e di apparati separati; lo Stato che si è adattato a una simbiosi -un quieto vivere- con la mafia e la grande criminalità, autorizzandole a una specie di extraterritorialità e di secondo Stato; lo Stato che ha largamente confiscato la cosa pubblica trattandola come un patrimonio privato ed esente, e che ha fatto della corruzione un'abitudine capillare e inavvertita. La domanda è: questo Stato doveva e deve chiedere perdono per ciò? Gli Stati non sono -non devono essere- istituzioni etiche, a differenza delle chiese. Il loro modo di chiedere perdono dev'essere meno solenne e consacrato, e anche un po' più tempestivo di quello della chiesa, che può concedersi secoli di riflessioni sui roghi degli hussiti e le stragi di ugonotti: lo Stato deve rendere conto ai suoi cittadini viventi, non alle generazioni eredi. La disgrazia civile dell'Italia si misura su questo punto."
Antonio Tabucchi: La gastrite di Platone
Sellerio, Palermo - 1998
pag. 67
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