"Ma poi, a un certo punto della notte, si è cominciato a sentire un rumore diverso, e quello sì che mi ha fatto venire paura senza più nessun quasi, paura secca, tanto che io mi sono messo le scarpe e ho fatto per andare fuori a vedere cosa c'era, ma con così poca convinzione che quando la ragazza mi ha detto in un soffio 'no no, lascia stare che prendi freddo' ho subito fatto marcia indietro e mi sono rimesso sotto la coperta. Sembrava una sega, ma una sega coi denti radi e spuntati, che cercasse di segare la lamiera del bivacco, e il bivacco faceva da cassa armonica e ne veniva fuori un rabadan mai sentito. Raschiava alla stracca, uno o due colpi e poi silenzio e poi di nuovo un colpo o due; fra una raschiata e l'altra si sentiva dei sbuffi e come dei colpi di tosse. Morale della favola, con la scusa del freddo siamo rimasti chiusi lì dentro fino a quando si è visto un filino di luce tutto intorno alla porta: anche perché quel rumore di sega non si sentiva più, soltanto i soffi e sempre più piano. Sono uscito fuori, e c'era uno stambecco stravaccato contro la parete del bivacco: era grosso ma sembrava malato, era brutto, tutto spelacchiato, perdeva la bava e tossiva. Forse stava per morire, e ci ha fatto pena pensare che avesse voluto svegliarci perché lo aiutassimo, o che avesse voluto venire a morire vicino a noi."
Primo Levi: La chiave a stella
Giulio Einaudi editore, Torino - 1978
pag. 139
catalogazione: libreria di fronte al divano
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