"Sabbath, da quel che gli avevano raccontato, si era perso la trasformazione di New York in un luogo completamente avverso alla buona salute e al viver civile, una città che all'inizio degli anni novanta aveva portato alla perfezione l'arte di uccidere l'anima. Se si aveva un'anima (cosa che Sabbath non si attribuiva più) qui poteva morire di mille modi diversi ad ogni ora del giorno e della notte. E senza parlare della morte fuor di metafora, dei cittadini come prede, oppure di come tutti, dagli anziani ai bambini dell'asilo, fossero contaminati dalla paura e niente, nell'intera città, neppure le turbine della Con Ed, fosse potente e galvanizzante come la paura."
Philip Roth: Il teatro di Sabbath
Einaudi, Torino - 2006
traduzione di Stefania Bertola
pag. 205
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