"E mi ricorderò sempre delle prime elezioni, subito dopo la guerra, il referendum del '46 e poi nel '48, io ero anche emozionata perché non avevo mai votato, e mia madre peggio di me, poveretta, non voleva neanche andare a votare, perché non sapeva né leggere né scrivere e aveva paura di sbagliare. Delfo le voleva un gran bene e nel '48, ancora era iscritto al partito comunista, a tavola le chiedeva per scherzo:
Malvina, volete che comandano i comunisti?
No, io non li vorrei, diceva mia madre in dialetto.
Allora dovete cancellarli!, gli faceva Delfo, e sul facsimile della scheda faceva dei gran crocioni sulla falce e martello, che io m'arrabbiavo anche:
Cosa le metti in testa! Ma lasciala votare come vuole!
E al manicomio c'era un seggio interno, con solo 15 iscritti a votare, perché i ricoverati non votavano e noi del personale votavamo fuori: 12 erano le monache, 13 con la superiora, il direttore con la moglie 2: totale 15.
Ma i conti non tornavano mai, né il 2 giugno del '46 né il 18 aprile del '48, l'anno che mi sono sposata, né nel '53, mi ricordo bene perché Delfo praticamente s'è preso la scomunica: venivano fuori sempre 14 voti per la democrazia cristiana e 1 voto per il partito comunista o per il fronte popolare e tutti a chiedersi chi era stato, chi aveva potuto votare per i comunisti."
Paolo Teobaldi: Il mio manicomio
e/o editrice, Roma - 2007
pag. 125
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