sabato 7 febbraio 2009

la lezione della storia

"Cesare non ebbe mai, quantomeno a partire dal suo consolato, alcuna sensibilità per le istituzioni politiche e per il loro complesso funzionamento. Bisogna aggiungere che questo funzionamento era allora per molti aspetti, distorto e poco efficiente. Coloro che lo difendevano non potevano sperare di avere rispetto da Cesare. Per lui esistevano innanzitutto persone e problemi oggettivi. Considerò la fedeltà e la responsabilità rapporti essenzialmente personali che coltivò con abnegazione. Al contrario, non credette mai che i suoi avversari si prodigassero per la res publica e per la forma tradizionale di regime senatorio alla quale si erano vincolati. Vide solo la loro ostilità nei suoi confronti e i loro motivi egoistici, che peraltro esistevano certamente. ...Nella soluzione di problemi oggettivi, le complicazioni istituzionali gli avevano sempre dato fastidio. Dove poteva, si era messo su un piano superiore. Dopo la vittoria nulla poteva più ostacolarlo: affrontò tutti i problemi, quelli più vicini e quelli remoti. Era convinto così facendo di essere nel giusto e di realizzare una grande impresa. Poco gli importava quindi il terzo elemento, che si poneva tra le persone e i problemi concreti, vale a dire l'ordine nel quale i Romani vivevano, ciò che loro ritenevano oggettivo e che era ancora oggettivo in quanto universalmente riconosciuto, ma che parallelamente, non era oggettivo in quanto non funzionava e né godeva di vita e di rispetto: l'insieme insomma dell'ordine politico, che che non si esauriva nella somma delle sue parti. Il peso specifico, la forza delle istituzioni che garantivano il diritto e la sicurezza, le forme della consultazione, la libertà della vita repubblicana, che si trovava certo in difficoltà ma che non pareva ancora del tutto perduta gli davano innanzitutto fastidio."

Christian Meier: Cesare - impotenza e onnipotenza di un dittatore
Einaudi, Torino - 1995
traduzione di Edoardo Tortarolo
pag. 76

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