mercoledì 31 marzo 2010

la persistenza dell'amore

"Hai appena compiuto ottantadue anni. Sei sempre bella, elegante e desiderabile. Sono cinquantotto anni che viviamo insieme e ti amo più che mai. Recentemente mi sono innamorato di te un'altra volta e porto di nuovo in me un vuoto divorante che solo il tuo corpo stretto contro il mio riempie. La notte vedo talvolta la figura di un uomo che, su una strada vuota e in un paesaggio deserto, cammina dietro un carro funebre. Quest'uomo sono io. Sei tu che il carro funebre trasporta. Non voglio assistere alla tua cremazione; non voglio ricevere un vaso con le tue ceneri. Sento la voce di Kathleen Ferrier che canta "Die Welt ist leer, Ich will nicht leben mehr, il mondo è vuoto non ho più voglia di vivere" e mi sveglio. Spio il tuo respiro, la mia mano ti sfiora. Ciascuno di noi vorrebbe non dover sopravvivere alla morte dell'altro. Ci siamo spesso detti che se, per assurdo, avessimo una seconda vita, vorremmo trascorrerla insieme."
André Gorz: Lettera a D.
Sellerio editore, Palermo 2008
traduzione di Maruzza Loria
pag. 77

N.B. André Gorz è morto suicida nel 2007 assieme alla moglie Dorina, affetta da un morbo degenerativo. Queste sono le ultime parole da lui scritte.


André e Dorina
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martedì 30 marzo 2010

il ruolo nuovo del disco!!!

"Fra i mezzi di diffusione culturale il disco e, in questi ultimi anni, il nastro in cassetta hanno conquistato un ruolo rilevante e nuovo. Il disco, come bene di consumo, ha ormai un mercato di massa, con aumenti notevoli nelle vendite, negli ultimi anni, specialmente fra i giovani. Altrettanto importanti sono le modificazioni che questo ha prodotto nella fruizione della musica, cioè nel modo in cui la si ascolta."

Bernardino Fantini: Come farsi una discoteca
Editori Riuniti, Roma - 1982
incipit

catalogazione: una delle librerie in soggiorno
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lunedì 29 marzo 2010

l'Io irrigidito

"L'uomo che sia preso dal proprio Io e che in esso si irrigidisca resta fisso in tutto ciò che volta per volta prende forma o viene da lui raggiunto, e reagisce contro ogni mutamento temendo che esso renda problematiche le posizioni apparentemente oggettive che gli fanno da sostegno. Egli soffre per contrasti fra la vita e le idee che di essa si è fatte, e non sa difendersi che trincerandosi tenacemente nel proprio punto di vista o agendo secondo certi schemi prestabiliti. Il suo conoscere, il suo agire e il suo creare sono sempre determinati da rappresentazioni rigide di ciò che è o che dovrebbe essere, alle quali, secondo il suo punto di vista, corrisponderebbe l'intelligibile e il perfetto. Così egli è sempre spinto a ordinare e a classificare, a rettificare e a 'fare', nell'idea di migliorare cose e situazioni."

Karlfried von Dürckheim: Hara - Il centro vitale dell'uomo secondo lo Zen
edizioni Mediterranee, Roma - 1987
traduzione di Julius Evola
pag. 66

catalogazione: una delle librerie in soggiorno
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domenica 28 marzo 2010

opporsi al fluire del tempo

"E sabato? E sabato? Nel bel mezzo della storia d'un tratto sprofondo mi areno. Sabato cos'è successo? Non mi sono ricordata neppure che ci fosse stato un sabato, svanito, il suo posto vuoto non ha lasciato nemmeno il dolore. Il sabato? È improvvisamente svanito, e pensare che di tutti quei giorni avevo venerato ogni minimo dettaglio, salvato ostinatamente dal fluire del tempo, cristallizzato nella chiarezza. Io sono colei che mette insieme questa storia e che gelosamente la custodisce, giorno per giorno, ognuno al suo posto, nei minimi dettagli, colori, odori, frammenti di conversazione, particolari di vestiario, umori, mutamenti atmosferici; gli ultimi terribili giorni, proiettati su uno schermo bianco in un movimento inevitabile, con una musica sommessa e tenace che li accompagna da lontano."

Abraham B. Yehoshua: Un divorzio tardivo
Einaudi, Torino - 1996
traduzione di Gaio Sciloni
pag. 243

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sabato 27 marzo 2010

i marziani di Zort e Campo Imperatore

"Recenti studi sostengono che i marziani di Zort, che avevano la loro base sotto il m. San Franco (vedi it. La base segreta dei Marziani), quando fossero stanchi dei lunghi turni di lavoro in quei boschi venissero, mossi dalla nostalgia, nei canyon di Campo Imperatore, dove ritrovavano il paesaggio del loro amato pianeta. Pare vi passassero i fine settimana, dormendo nella grotta larga e svagandosi in lunghe corse sulla sabbia. Il pinnacolo roccioso al termine nord-ovest del canyon sembra fosse in origine una statua del loro Dio Supremo, Zorg, ormai corrosa dal vento e dalla pioggia."

Aldo Frezza, Alberto Osti Guerrazzi: Bambini in Appennino
edizioni Il Lupo, Sulmona (AQ) - 2008
pag. 122

catalogazione: il comodino del Bip
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venerdì 26 marzo 2010

Leggere, leggere, leggere!

Leggere, leggere, leggere!

Vi ricordate? Oggi è il giorno dedicato a regalare un libro a uno sconosciuto. Io farò omaggio de "L'Ascoltatrice" di Marina Pierani a un tizio che vedo sempre al bar dove mangio prima di andare al lavoro. Se ne avessi cento copie le regalerei tutte e cento, perché Marina è l'amica mia e scrive da dio!

Mariateresa
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giovedì 25 marzo 2010

bisogno di contemplazione

"Acqua

Appollaiato davanti al bancone beve un caffè corretto e intanto parla con la titolare. Si lamenta perché si fanno poche corse e i taxi aspettano in fila mezzore intere senza che si avvicini un cliente. Colpa dell'ex sindaco che ha distribuito tutte quelle licenze nuove. Non crede alla crisi, secondo lui è stato Prodi a portare il paese alla rovina e 'ora i comunisti dicono che c’è la crisi'. E l’ America allora? gli oppone la donna, lì mica ha governato Prodi. 'No, però se non c’era l’euro...' Mi chiedo dove sia finita la logica aristotelica. Ma il fatto è che alcuni di noi sentono il bisogno di un responsabile unico per tutte le nefandezze che ci infligge la vita. Così scatta il principio 'ad unicum reducendum', la scorciatoia accusatoria, che evita domande difficili e distribuzioni di responsabilità, e offre il vantaggio della semplificazione. L’euro si presta magnificamente allo scopo. In bocca ad uno scontento diviene quasi una persona, ha un volto, ghignante, una corporatura, massiccia e un’espressione, quella del pirata all’arrembaggio, con il coltello tra i denti. 'Sai che ti dico? continua, che mi vendo la licenza e me ne vado a pesca'. Diventa improvvisamente nostalgico. 'La pesca è la cosa più bella che c’è; anche in questa stagione, ti copri bene, e te ne stai lì un paio d’ore senza parlare, senza sentire nessuno e guardi solo l’acqua. Tu non immagini quanto fa bene guardare l’acqua!' Scopro così di avere qualche cosa in comune con un 'tassinaro' corporativo, che sicuramente ha votato AN e che rimpiange i tempi in cui ero io ad aspettare mezzore intere prima di trovare un taxi: a entrambi piace guardare l’acqua. Così ho anche conferma del fatto che per quanto diversi siamo — e ognuno è diverso da ogni altro e persino da se stesso — sempre almeno uno dei nostri nervi se sollecitato suona allo stesso modo. Così glielo dico: 'anche a me piace guardare l’acqua.' Da nostalgico il suo sguardo si fa ispirato. 'Io quando guardo l’acqua non penso a niente, mi confida. Cioè, non è che non penso a niente, penso molto, ma mica lo so quello che penso. È come quando tengo il motore in folle.' 'È un altro modo di pensare', azzardo io. 'Ecco, è un altro modo di pensare. E mi fa bene, mi riposa. Lo sa che faccio, dopo? I pesci, li ributto in mare. Me li lascio per un’altra volta che ormai, pure i pesci so’ pochi.' Sarà colpa dell’euro, gli dico sorridendo. Ride anche lui. Ci salutiamo contenti, lui con ancora nello sguardo l’acqua che lo riposa. Io penso che sotto, a scavare, c’è tanto di quel bisogno di contemplazione in ognuno di noi, che potremmo essere, tutti, filosofi.

Marina Pierani: L'Ascoltatrice
Ilmiolibro.it - Gruppo Editoriale L'Espresso - 2010
pagg. 47-48

catalogazione: il desktop del mio computer
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martedì 23 marzo 2010

Jean-Jacques Rousseau

" — Scusate tanto, — cominciò a dire a madame Léotard, — che fate? Come avete agito con una povera bambina? Questa è barbarie, pura barbarie! Una bimba malata e debole, una ragazzina così sognatrice, timida, fantasiosa, metterla in una stanza buia per tutta una notte: ma questo significa ucciderla! Non conoscete forse la sua storia? Questa è barbarie, mancanza di umanità, ve lo dico io, egregia signora! E come si può dare una simile punizione? Chi l'ha inventata, chi ha potuto inventare una punizione simile?

La povera madame Léotard con le lacrime agli occhi, piena di turbamento, cominciò a spiegargli tutta la faccenda, disse che si era dimenticata di me, che era arrivata la figlia, ma che la punizione in sé era buona, se non durava a lungo, e che perfino Jean-Jacques Rousseau diceva qualcosa di simile.

— Jean-Jacques Rousseau, signora mia! Ma Jean-Jacques non poteva dir questo. Jean-Jacques non è un'autorità. Jean-Jacques Rousseau non osava parlare di educazione, non ne aveva il diritto: Jean-Jacques Rousseau rinnegò i propri figli, signora mia! Jean-Jacques fu un cattivo soggetto, signora mia!

— Jean-Jacques Rousseau, Jean-Jacques Rousseau un cattivo soggetto! Principe, principe! Che dite mai?"

Fëdor M. Dostoevskij: Racconti
edizioni Raduga, Mosca - 1989
traduttore: ?
pagg. 231-232

catalogazione: una delle librerie in soggiorno
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lunedì 22 marzo 2010

gentiluomo maomettano

"Al capitolo su Farah Aden, il mio servitore somalo, darò un titolo senza pretese: 'Ritratto di gentiluomo'. Oggigiorno la parola 'gentiluomo' viene presa meno sul serio che in passato, o almeno ci sembra che un tempo essa si prendesse un po' troppo sul serio. Ma per l'appunto Farah si prendeva sul serio. Se questa parola può essere intesa come descrizione o definizione di una persona che ha nel sangue il codice d'onore della sua epoca e del suo ambiente, una sorta di istinto - così come il vero giocatore di cricket o di calcio ha nel sangue le regole del gioco, e mai, in nessun caso, potrebbe lanciare la palla sulla testa dell'avversario - allora Farah era il gentiluomo più perfetto che io abbia mai incontrato. Solamente, all'inizio, fu difficile stabilire quale fosse il codice d'onore di un maomettano di nobili natali nella casa di un pioniere europeo."

Karen Blixen: Ombre sull'erba
Adelphi, Milano - 1985
traduzione di Silvia Gariglio
pag. 17


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domenica 21 marzo 2010

impenetrabile Baudelaire

"Innumerevoli sono stati i tentativi di sottoporre Baudelaire a una qualche dissezione psicologica. Immancabilmente maldestri e importuni. La psicologia si ferma prima della letteratura. Ma rimane indubitabile che da ogni sua frase si sprigiona il profilo di una persona, di un clima psichico, di un certo modo di sentirsi vivi. Uscendo da un'esposizione su Baudelaire, Cioran si ricordò che una volta aveva scritto, in uno dei suoi libri rumeni: «Da Adamo - fino a Baudelaire.» Enfasi balcanica? No, qualcosa che suona giusto."

Roberto Calasso: La folie Baudelaire
Adelphi, Milano - 2008
pag. 94

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sabato 20 marzo 2010

c'era una volta...

"IL VESTIARIO
A parità di guadagno, la proporzione di spese per il vestiario è press'a poco uguale nel gruppo degli impiegati e degli operai. [...] Facciamo un confronto, distinguendo nell'abbigliamento in senso lato, i vestiti propriamente detti, cioè la parte più appariscente, poi la biancheria e infine le calzature. Si vedrà che, in confronto agli impiegati, gli operai spendono in proporzione meno per i vestiti, più per la biancheria e molto di più per le scarpe. È una caratteristica ben definita della loro condizione. Se si considera infatti che i vestiti sono la parte più esteriore e in ogni caso più visibile dell'abbigliamento e che è su di loro che si fissa l'attenzione per prima e con più facilità, si può concludere che negli ambienti operai si spende meno degli impiegati per l'apparenza esteriore e più per ciò che è indispensabile."

Maurice Halbwachs: Psicologia delle classi sociali
Feltrinelli, Milano - 1981
traduzione di Lena Cini Poli
pag. 102

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venerdì 19 marzo 2010

un solo tetto!

"Je suppose que le monde soit une forêt. Bon!
Il y a des baobabs, du chêne vif, des sapins noirs, du noyer blanc;

je veux qu'ils poussent tous, bien fermes et drus,
différents de bois, de port, de couleur,

mais pareillement pleins de sève et sans que l'un empiète sur l'autre,
différents à leur base mais oh! que leurs têtes se rejoignent oui très haut dans l'éther égal à ne former pour tous qu'un seul toit
je dis l'unique toit tutélaire..."


Aimé Césaire: Et les chiens se taisent
Présence Africaine éditions, Paris - 1997

pag. ??


catalogazione: nessuna

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stigma surely kills!

"I am a walking biohazard – a heated container of deadly viral particles. I don’t look sick. But I could kill you. I am part of a tribe of people bound by bad biology: misunderstood, deeply feared because of the human immunodeficiency virus I carry and bearing a crippling stigma that has long kept me silent.

Writing this is a bloodletting. My pen pierces an hematoma of shame that swelled until holding it in became too painful. This is how it had to happen: the pain of not telling became greater than the fear of what would happen if I told. When too much vital life force collects in an unnatural place it can’t be contained. It turns fetid and festers – infecting the person who holds it with a vicious disease. Eventually it explodes outwards.

The flood of relief following the sting when the secret is lanced is replaced by the awkwardness of staring at the mess the release has created. Will you look at that? Now what have you done? Who is going to clean it up? But ultimately you are healed. The virus threatens death but stigma surely kills. Other people’s fear and ignorance about what is nothing more than a retrovirus deny my dignity. And there is not point in living without that.”

Regan Hofmann: I have something to tell you
Atria Books, New York - 2009
pag. ??

catalogazione: nessuna, brano tratto da: http://hivpolicyspeakup.wordpress.com


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giovedì 18 marzo 2010

il canto dell'usignolo

"Ih, ih, ih, ih, ih! Var de vi? De var vi?
Vi var de? Voj,oj, oj, oj, oj, oj, oj!
Titta, lullan, lull-lull-lull-lull-lull - var de vi?
Ihih! Titta! lullan; den girar, arrrrrrrrr-itz!
Lull-lull-lull-lull-lull lul! Var de di? Titta!
Si'u, sir'u, sir'u, sir'u?
Dadda! - Dadda! sjätt, sjätt, sjätt, sjätt, sjätt, sir'u sir'u?
Nappen; napp, app, app, app, app, app!
Vit, vit, vit, vit, vit,sir'u lillan!
Tut, tut, tut, tut, tut, tut, sat'n, sat'n, sat'n si!
Lip, lip, lip, lip, lip, lip, ih!
Så, så, så, nä, nä, nä, sa, sa, sa, nå!
Ij, jih, guh, guh, guh, gu'hjälp, dadda aitsch!"

August Strindberg: Notti di sonnambulo ad occhi aperti
Giulio Einaudi editore, Torino - 1974
traduzione di Giacomo Oreglia
pag. 97

catalogazione: libreria in ingresso
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mercoledì 17 marzo 2010

ti sogno cocaina

"La cocaina è una meravigliosa interprete della visione occidentale del mondo, per questo è uno dei prodotti cardine della nostra economia. Appartiene alla new economy esattamente come l'informazione e le microtecnologie; se i cartelli internazionali della coca potessero quotasi in Borsa, sarebbero tra i leader della finanza mondiale, nessun manufatto e nessuna materia prima assicurano così alti margini di profitto. Un prodotto di cui il cliente non può fare a meno è il sogno di qualunque pubblicitario."

Walter Siti: Il contagio
Oscar Mondadori, Milano - 2009
pag. 178

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martedì 16 marzo 2010

una sorta di maneggio in testa

"Che fare per cambiare il corso del tempo? per uscire indenne da questa giornata interminabile? Si guarda attorno. Le cose non si sono mosse. Eppure, nella sua testa, sente un tale rivolgimento, un va e vieni incessante, una sorta di maneggio che tra non molto gli procurerà un'emicrania. Da sempre soffre di emicranie. Non si ricorda del suo primo mal di testa. Dice con rassegnazione che probabilmente è nato con l'emicrania, come altri nascono con un sesto dito. Conosce i calmanti, l'aspirina e altri analgesici, come pure altri rimedi tradizionali, come le fette di patata posate sulla fronte e tenute aderenti con un fazzoletto."

Tahar Ben Jelloun: Giorno di silenzio a Tangeri
Giulio Einaudi editore, Torino - 1989
traduzione di Egi Volterrani
pag. 84

catalogazione: una delle librerie in soggiorno
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lunedì 15 marzo 2010

Alessandro alle Olimpiadi

"L'uomo è un inguaribile ragazzo e il gioco, dalla guerra allo scopone, la sua occupazione preferita. I giochi olimpici incontrarono talmente, che gli anni dipoi furono computati sul loro periodico rinnovarsi. Ogni quattro anni una folla enorme venuta da tutte le parti della Grecia si radunava nella valletta d'Olimpia, sulle rive dell'Alfeo. Arrivavano nei carri, sul dorso dei muli, a piedi. Le famiglie si accampavano all'aperto. Gli uomini discutevano di politica e facevano braccio di ferro, i ragazzini giocavano alla guerra e tiravano ai merli con le cerbottane, le donne preparavano la scordaglià, che è una maionese girata con l'aglio, e il coccorezzi, che sono budellucci d'abbacchio arrotolati su bastoncelli e arrostiti allo spiedo. La folla brulicava al sole e puzzava enormemente. I giochi olimpici erano squisitamente razzisti. Non partecipava alle gare chi non era greco al cento per cento. Alessandro chiese di prendere parte ai giochi ma gli fu risposto di no. «Come!» esclamò il re di Macedonia «i miei antenati provengono da Argo e voi mi impedite di prendere parte ai vostri giochi?». Fatti gli accertamenti necessari e riconosciute per vere le dichiarazioni del focoso sovrano, Alessandro fu ammesso alle corse a piedi e a quelle col carro, alla lotta, al pancrazio, alle altre competizioni che, tutte assieme, costituivano i giochi. "

Alberto Savinio: Infanzia di Nivasio Dolcemare
Adelphi, Milano - 1998
pag. 136

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domenica 14 marzo 2010

considerate la vostra semenza


Inferno - Canto XXVI - vv. 76-142


Poi che la fiamma fu venuta quivi
dove parve al mio duca tempo e loco,
in questa forma lui parlare audivi:
"O voi che siete due dentro ad un foco,
s’io meritai di voi mentre ch’io vissi,
s’io meritai di voi assai o poco
quando nel mondo li alti versi scrissi,
non vi movete; ma l’un di voi dica
dove, per lui, perduto a morir gissi".
Lo maggior corno de la fiamma antica
cominciò a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica;
indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori, e disse: "Quando
mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi,
e l’altre che quel mare intorno bagna.
Io e ’ compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’Ercule segnò li suoi riguardi
acciò che l’uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l’altra già m’avea lasciata Setta.
"O frati", dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".
Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
Tutte le stelle già de l’altro polo
vedea la notte, e ’l nostro tanto basso,
che non surgëa fuor del marin suolo.
Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che ’ntrati eravam ne l’alto passo,
quando n’apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avëa alcuna.
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
ché de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
infin che ’l mar fu sovra noi richiuso".

Dante Alighieri: La Divina Commedia
a cura di Natalino Sapegno
La Nuova Italia, Firenze - 1957
I volume


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sabato 13 marzo 2010

all'origine del pregiudizio c'è il bisogno di confini

"Non è facile come può sembrare costruire un modello positivo delle società viaggianti, perché le nostre immagini di queste società sono state invariabilmente plasmate dai racconti e dalle testimonianze di osservatori stanziali, 'civili'. Gli antichi, che vivevano in città o entroterra agricoli organizzati intorno a città, percepivano questi gruppi sociali mobili che li circondavano da un punto di vista negativo, per ciò che gli mancava, per il pericolo e la minaccia che rappresentavano. La patria di questa miriade di popoli erranti era essenzialmente lo 'spazio', non un luogo e non erano delimitati da quelle mura e da quei confini che davano peso e permanenza alle identità etniche. Era perciò difficile stabilire distinzioni tra popoli dagli usi così mutevoli e transitori, che non avevano null'altro in comune che un modo di vivere. Il massimo che Strabone poté fare fu citare l'opinione concorde della gente 'civile' nel caso dei frigi e dei misiani: «Si conviene che ciascuna tribù sia 'separata'...ma è difficile segnare i confini tra di loro»."

Eric J. Leed: La mente del viaggiatore - Dall'Odissea al turismo globale
il Mulino editore, Bologna - 1992
traduzione di Erica Joy Mannucci
pag. 277

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venerdì 12 marzo 2010

non si tratta mica di fare il festival di Sanremo!

"«Ci vuole coraggio.»
«Ma cosa c'entra il coraggio? Quello uno se lo compra in farmacia...»
«L'organizzazione però ci vuole: insomma, bisogna essere del mestiere, farci la mano...»
«Basta cominciare. Ci vuole iniziativa, questo sì...»
«Ma anche l'organizzazione...»
«Lei ce l'ha su con l'organizzazione, non si tratta mica di fare il festival di Sanremo. È sufficiente essere in due: uno con la moto veloce, l'altro deciso. Il resto viene da sé. Un gioco da ragazzi, come fare un bagno all'Idroscalo o una corsa...»"

Beppe Viola: Quelli che...
editrice l'Unità, Roma - 1994
pag. 65

catalogazione: libreria in ingresso
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giovedì 11 marzo 2010

Cappuccetti Rossi

"Adesso, un bel mazzo di questi imprenditori, dopo un rapido passaggio per San Vittore, strillavano: 'Eravamo nelle mani dei partiti! Non potevamo dire di no!' E strillando, dipingevano se stessi come altrettanti Cappuccetti Rossi. Ma sì, come fanciulline che, nell'attraversare il Bosco degli Appalti, un giorno si erano imbattute nel Lupacchione Mazzettaro. Il lupo le era zompato addosso, obbligando la fanciullina a sacrificargli la verginità tangentizia. Da quel giorno, Cappuccetto Rosso era diventata preda delle voglie periodiche del lupo. E aveva dovuto dargliela (la tangente) tutte le volte che lo zozzone gliela chiedeva."

Giampaolo Pansa: I bugiardi (1 e 2)
editrice l'Unità, Roma - 1994
pagg. 204-205

catalogazione: libreria in ingresso
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mercoledì 10 marzo 2010

una scelta difficile

"Si era tolto i calzoni e stava infilandosi quelli del vestito, quando notò sul fianco una piccola escrescenza ovale di carne più scura della pelle circostante, che si stava lievemente squamando. Provò una nausea tremenda e fu costretto a inghiottire una modica quantità di vomito risalitogli al fondo della bocca.
Cancro.
Non si era mai sentito così da quando la
Fireball di John Zinewski aveva scuffiato, qualche anno prima, e lui si era trovato in trappola sott'acqua, con la caviglia annodata nel cappio di una cima. Però lì era durato al massimo tre o quattro secondi. E stavolta non c'era nessuno ad aiutarlo a raddrizzare la barca.
Avrebbe dovuto suicidarsi.
Non era un pensiero confortante, ma era una cosa che poteva fare, e questo gli dava l'idea di un minimo controllo sulla situazione.
L'unico problema era il come.
Saltare da un edificio alto era una prospettiva spaventosa: spostare il proprio baricentro in fuori, sopra il bordo del parapetto, con la possibilità di cambiare idea a metà caduta. E l'ultima cosa di cui aveva bisogno ora era altra paura.
Per impiccarsi ci voleva un equipaggiamento, e una pistola non la possedeva.
Se avesse bevuto abbastanza whisky sarebbe riuscito a raccogliere il coraggio necessario per andare a schiantarsi in automobile.
Sulla A 16, da questa parte di Stamford, c'era un grosso muro di pietra. Poteva andargli contro a centocinquanta all'ora senza nessun problema. Ma se i nervi lo avessero tradito? Se fosse stato troppo sbronzo per controllare l'auto? E se qualcuno fosse sbucato dal viale? Se avesse ucciso altre persone, e lui fosse rimasto paralizzato e fosse morto di cancro in prigione sulla sedia a rotelle?"

Mark Haddon: Una cosa da nulla
Einaudi, Torino - 2006
traduzione di Massimo Bocchiola
pag. 4

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martedì 9 marzo 2010

mai deridere Eros

"Un giorno Apollo, vedendo Eros che tendeva l'arco, si prese gioco di lui: 'Che fai, divino fanciullo, con un'arma tanto possente? Questi sono carichi adatti ai miei omeri. Tu accontentati di accendere le passioni con la torcia e non attribuirti quel che mi spetta.'.
'Febo,' gli rispose il fanciullo 'le tue saette trafiggono uomini e animali, ma le mie trafiggono te', e battendo le ali volò sul Parnaso architettando una vendetta. Cavò dal turcasso due dardi, l'uno d'oro e dalla punta acuminata che accendeva la passione amorosa, l'altro di piombo e spuntato, che la impediva. Con il primo ferì Apollo trapassandolo fin nelle midolla, con il secondo trafisse la ninfa Dafne, figlia di Peneo, un fiume della Tessaglia, figlio a sua volta di Oceano e Teti. La fanciulla, seguendo l'esempio della casta Diana, rifiutava tutti i pretendenti che la chiedevano in sposa perché preferiva vivere libera correndo per i boschi. Spesso il padre le diceva:'Figlia, un genero mi devi, mi devi dei nipoti'. Ma lei si aggrappava al collo del genitore e lo supplicava. 'Concedimi, ti prego, di godere di una perpetua verginità. A Diana, suo padre l'ha concesso'.
Ferito dal dardo d'oro, Apollo si gettò, ardendo di passione, all'inseguimento della ninfa che, raggiunta da quello di piombo, fuggiva per i boschi temendo di perdere la verginità."


Alfredo Cattabiani: Florario - Miti, leggende e simboli di fiori e piante
Mondadori, Milano - 1998
pag. 161

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lunedì 8 marzo 2010

la mediazione dell'insegnamento

"Può apparire semplicistico; ma poiché l'insegnamento richiede organizzazione, strumentazione, spesa, è forse il caso di chiedersi che cosa vale la pena che sia insegnato, e che cosa no. Come è già avvenuto per la famiglia, gran parte dei compiti giudicati necessari, irrinunciabili, tipici della istituzione stanno passando ad altre sedi; bisognerebbe che ciò non avvenisse senza che fosse chiaramente individuato l'insegnabile e precisato il compito scolastico. È ovvio che oggi la scuola non è certo più la fonte maggiore d'informazione; ma quanto è stato distinto, nella scuola, fra informazione e insegnamento? È ovvio che essa non è l'ambiente più motivante o rafforzante i comportamenti; ma quanto si è fatto nella scuola per individuare gli elementi motivanti attuali, contrapponendoli alle utopie dei vari 'dover essere' imposti tanto a chi apprende quanto a chi insegna? Certo l'insegnamento non può essere utopia, anche se è ciò che realizzerà le utopie attuali, non appena individuerà in essa forme di comportamento definibili e conseguibili e saprà indicare la serie ordinata dei passi per l'avvicinamento alla meta. perché neppure il filo rosso dell'utopia (secondo l'espressione di Marcuse) si srotola senza la mediazione di un insegnamento."

Graziella Ballanti: Il comportamento insegnante
Armando Armando editore, Roma - 1975
pag. 153

catalogazione: una delle librerie in soggiorno
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domenica 7 marzo 2010

Mnemosyne si è interiorizzata!

"Fuga e fuoriuscita dal tempo, unione e immersione nell'essere impersonale: questi due aspetti delle mitologie greche antiche della memoria confluiscono nella teoria platonica dell'anamnesi. Come avviene in generale per il mito platonico, essa, da un lato, conserva aspetti essenziali dell'ontologia arcaica a sfondo mitico; dall'altro, però, pur prolungando questi aspetti mitici, li sottomette a una profonda e radicale rielaborazione. Infatti, in Platone, la rimemorazione non ha più come oggetto il passato primordiale, né le vite anteriori, bensì la verità il cui insieme costituisce il reale. Mnemosyne, potenza soprannaturale, si è interiorizzata, diventando nell'uomo la facoltà stessa di conoscere. Al contempo, tuttavia, oggetto e scopo di questa forma della memoria non è la ricerca del passato in quanto tale, non è la costruzione di un'architettura che organizzi, controlli e in qualche modo esorcizzi il fluire del tempo e delle cose; ma, al contrario, la riconquista di un sapere capace di collegare l'uomo all'ordine cosmico e all'immutabilità divina integrandolo nel Tutto."

Giovanni Filoramo: Il risveglio della gnosi ovvero diventare Dio
editori Laterza, Roma-Bari - 1990
pagg. 89-90

catalogazione: una delle librerie in soggiorno
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sabato 6 marzo 2010

venerdì 5 marzo 2010

Silvan Berlusconi

"Il gioco dell'ircocervo è più antico del suo nome. Il suo nome credo di averlo inventato io, invitando qualche anno fa i lettori dell'Espresso a fondere tra loro due nomi famosi e a fornire una definizione del nuovo personaggio. Cito per umiltà solo alcuni bellissimi esempi non inventati da me:

Nino Manfredi von Richtofen - Più lo mandi su e più ne tira giù;
Eduardo de Filippide - Filumena Maratona
Fred Asterix - De ballo gallico;
Gustave Flobert - Salamboom!;
Man R.A.I. - Dada umpa;
Muzio Evola - Alla ricerca di una nuova destra;
Pearl Arbore - Ma la flotta no.

Dico che, se il nome è nuovo, il concetto non lo è, perché in fondo si tratta di applicare la tecnica del pun, o calembour, o mot-valise (tipica dell'ultimo Joyce) ai nomi propri e dire esplicitamente quel che potrebbero suggerire al lettore.

Si può fare un ircocervo visivo? Orazio (nell'Ad Pisones) già rispondeva positivamente, dato che attribuiva ai poeti la capacità di porre cervici equine su corpi umani, che era poi la procedura giusta per generare centauri - e d'altra parte proprio da questa antichissima tradizione io avevo tratto il termine 'ircocervo', che designa appunto un mostro mitologico, metà caprone e metà cervo. E dunque si può, lo hanno fatto greci e egizi (si pensi alle due diverse immagini della Sfinge), lo ha fatto Bosch, lo hanno fatto molti surrealisti.

Mancava l'ultimo passo (almeno per quanto ne so, a meno che qualcuno sia capace di individuare procedimenti abbastanza simili in certi giochi dell'emblematica barocca): inventare l'ircocervo verbale e interpretarlo visivamente (o viceversa).

Questo passo in avanti, fondamentale per l'evoluzione della specie, lo ha fatto Massimo Bucchi.

Ora devo porre molta attenzione a non cedere alla più ovvia delle tentazioni: mettermi ad analizzare e a commentare criticamente quello che Bucchi ha fatto. Sarebbe come spiegare le barzellette.

Credo che in questi giochi il piacere della lettura, e quello visivo (e quello della decifrazione incrociata) sia immediato, e non vada disturbato. Al massimo posso dire che, rispetto alle vignette in bianco e nero su la Repubblica, qui Bucchi dà una prova grafica più completa e complessa. Non solo perché usa, con gusto, il colore, ma perché il collage sa più di incastonatura, il risultato mostra in filigrana un lavoro certosino e la fusione tra queste due metà di "animali" diversi non sembra mai occasionale. Al di là del piacere del gioco siamo invitati a cercare un nesso, una allusione. Magari non c'è, ma il sospetto rimane, e l'ircocervo si ravviva ad ogni sguardo alla luce della nostra curiosità sospettosa."

Massimo Bucchi: '900
prefazione di Umberto Eco
edizioni la Repubblica, Roma - 1998
prefazione

catalogazione: una delle librerie in soggiorno



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giovedì 4 marzo 2010

occhio alle pulci!

"Tra guerre e voci di guerra, mentre le proposte di disarmo e i patti di non aggressione tengono la razza umana sotto la minaccia di un disastro senza precedenti, vi è un altro conflitto cui si bada molto meno di quanto si dovrebbe, cioè il conflitto tra uomini e insetti. Siamo avvezzi a considerarci i padroni del creato; non abbiamo più occasione, come gli uomini delle caverne, di temere tigri e leoni, mammuth o orsi selvaggi. Ci sentiamo al sicuro da tutto fuorché dai nostri simili. Ma mentre i grandi animali non minacciano più la nostra esistenza, le cose vanno diversamente con gli animali minuscoli. Già una vlta nella storia di questo pianeta gli animali di grandi dimensioni cedettero il passo ai più piccoli. Per molti millenni i dinosauri vagarono indisturbati tra paludi e foreste, lottando soltanto tra gli uni contro gli altri e senza mai mettere in dubbio il loro assoluto potere. Ma sparirono, lasciando il posto a piccoli mammiferi: topi, porcospini, cavallini in miniatura non più grandi di ratti e così via."

Bertrand Russel: Elogio dell'ozio
TEA editrice, Milano - 1990
traduzione di Elisa Marpicati
pag. 170

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mercoledì 3 marzo 2010

nell'agone del peccato

"Come l'inclinazione al peccato sia sempre utile all'uomo.

Devi sapere che l'inclinazione al peccato è sempre di grande profitto e utilità per l'uomo retto.

Ascolta bene: ecco due uomini. Il primo non è mai sopraffatto da alcuna debolezza, o lo è assai poco; il secondo, al contrario, è per natura soggetto a forti tentazioni. Dalla presenza delle cose esteriori, l'uomo esteriore in lui è portato alla collera, alla vanità, forse alla sensualità, secondo gli incontri che fa, ma nelle sue potenze superiori egli permane costantemente fermo, impassibile; non vuole errare, né cedere alla collera o ad altro peccato; così egli lotta senza tregua contro la sua debolezza, forse per lui naturale - molti uomini sono infatti portati per natura alla collera, all'orgoglio o ad altri difetti -, e non vuole commettere il peccato. Questo secondo uomo deve essere molto più lodato, la sua ricompensa è assai più grande, e la sua virtù più nobile di quella del primo. Infatti la perfezione della virtù si manifesta nell'agone, come dice San Paolo: 'La virtù si compie nella debolezza'."

Meister Eckhart: Dell'uomo nobile
Adelphi, Milano - 1999
traduzione di Marco Vannini
pag. 70

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martedì 2 marzo 2010

c'è chi ha le voci e chi le noci...

"SMER. Questa è una cosa che non so capire. Veder una ragazza che si vuol ammazzare, e star lì a guardarla, come se vedeste rappresentare una scena di commedia.
SILV. Pazza che sei! Credi tu ch'ella volesse uccider davvero?
SMER. Non so altro io; so che, se non arrivavo a tempo, la poverina sarebbe ita.
SILV. Vi voleva ancor tato prima che la spada giungesse al petto.
SMER. Sentite che bugiardo! Se stava lì lì per entrare.
SILV. Tutte finzioni di voi altre donne.
SMER. Sì, se fossimo come voi. Dirò, come dice il proverbio: noi abbiam le voci, e voi altri avete le noci. Le donne hanno la fama di essere infedeli, e gli uomini commettono le infedeltà a più non posso. Delle donne si parla, e degli uomini non si dice nulla. Noi siamo criticate, e a voi altri si passa tutto. Sapete perché? Perché le leggi le hanno fatte gli uomini; che se le avessero fatte le donne, si sentirebbe tutto il contrario. S'io comandassi, vorrei che tutti gli uomini infedeli portassero un ramo d'albero in mano, e so che tutte le città diventerebbero boschi."

Carlo Goldoni: Il servitore di due padroni
editrice l'Unità, Roma - 1993
pagg. 43-44

catalogazione: libreria in ingresso
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lunedì 1 marzo 2010

fare da tappezzeria alle feste!

"Rarely I do enjoy attending parties. When I do go, I try to make it fun for myself by doing something out of the ordinary. Like BEING A GRAFFITI WALL, where I wear a skimpy outfit, bring lots of permanent markers, and invite people to write anything they want on me, anywhere they want. Permanent markers are the only kind that work well, and they usually take several days to get off my skin, but that's all part of the fun."

Annie Sprinkle - Post Porn Modernist
Art Unlimited, Amsterdam - 1991
pag. 45

catalogazione: una delle librerie in soggiorno
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