mercoledì 17 febbraio 2010

non solo deduttivi

"Alcuni atti richiedono che entrambe le mani cooperino simmetricamente, l'una con l'altra, per integrare i rispettivi movimenti.
In alcuni casi sarebbe insensato procedere con una semplice successione di elementi separati: date, ad esempio, due carte da gioco ad un bambino e chiedetegli se sa farle stare in piedi. Un bambino può prendere una carta e inclinarla di circa 30° gradi rispetto alla verticale, un'azione che risulta sensata soltanto in relazione all'idea della struttura ultimata: farlo con una carta sola, senza vedere che cosa si farà con l'altra, è insensato. Vi sono dei soggetti che sono stati educati in modo tale da essere ostacolati nel loro pensiero dall'abitudine di procedere solo in successione, passaggio per passaggio. Ma non si dovrebbe supporre di dover sempre fare una cosa dopo l'altra, con l'idea 'mi occuperò dopo delle altre cose'. Quello che fate, cercate anzitutto di vederlo nel suo contesto; trattatelo come parte di tale contesto. L'abitudine alla successione (e così pure la teoria diffusa che il pensiero proceda in questo modo per natura) è dovuta alla sua adeguatezza in situazioni sommative in cui un'operazione è unita ad altre in maniera puramente aggettiva. È dovuta inoltre al fatto che non possiamo dire due frasi alla volta, che non possiamo scrivere simultaneamente due proposizioni, che nelle relazioni siamo costretti a esporre una cosa dopo l'altra. È questa una delle ragioni che rende spesso utili i diagrammi. In più, l'abitudine a procedere semplicemente per successione è spesso causata dall'esigenza di esattezza, di correttezza in ogni passaggio: cose davvero necessarie, naturalmente, ma che non bastano. E ancor più è dovuta al fatto che l'espressione esatta, o logica, l'espressione formale sembrava possibile soltanto in una somma di elementi giustapposti: per ripetere, tutto questo in connessione con l'assunzione assiomatica che il pensiero è, deve essere, per natura, verbale, che la logica è questione di linguaggio: assunzioni queste che sono entrambe null'altro che generalizzazioni alla cieca. Avere una visione dell'insieme sembrava escludere la possibilità di giungere a esatte formulazioni."

Max Wertheimer: Il pensiero produttivo
Giunti-Barbera, Firenze - 1975
traduzione di Masimo Giacometti e Rosetta Bolletti
pag. 119

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