venerdì 5 marzo 2010

Silvan Berlusconi

"Il gioco dell'ircocervo è più antico del suo nome. Il suo nome credo di averlo inventato io, invitando qualche anno fa i lettori dell'Espresso a fondere tra loro due nomi famosi e a fornire una definizione del nuovo personaggio. Cito per umiltà solo alcuni bellissimi esempi non inventati da me:

Nino Manfredi von Richtofen - Più lo mandi su e più ne tira giù;
Eduardo de Filippide - Filumena Maratona
Fred Asterix - De ballo gallico;
Gustave Flobert - Salamboom!;
Man R.A.I. - Dada umpa;
Muzio Evola - Alla ricerca di una nuova destra;
Pearl Arbore - Ma la flotta no.

Dico che, se il nome è nuovo, il concetto non lo è, perché in fondo si tratta di applicare la tecnica del pun, o calembour, o mot-valise (tipica dell'ultimo Joyce) ai nomi propri e dire esplicitamente quel che potrebbero suggerire al lettore.

Si può fare un ircocervo visivo? Orazio (nell'Ad Pisones) già rispondeva positivamente, dato che attribuiva ai poeti la capacità di porre cervici equine su corpi umani, che era poi la procedura giusta per generare centauri - e d'altra parte proprio da questa antichissima tradizione io avevo tratto il termine 'ircocervo', che designa appunto un mostro mitologico, metà caprone e metà cervo. E dunque si può, lo hanno fatto greci e egizi (si pensi alle due diverse immagini della Sfinge), lo ha fatto Bosch, lo hanno fatto molti surrealisti.

Mancava l'ultimo passo (almeno per quanto ne so, a meno che qualcuno sia capace di individuare procedimenti abbastanza simili in certi giochi dell'emblematica barocca): inventare l'ircocervo verbale e interpretarlo visivamente (o viceversa).

Questo passo in avanti, fondamentale per l'evoluzione della specie, lo ha fatto Massimo Bucchi.

Ora devo porre molta attenzione a non cedere alla più ovvia delle tentazioni: mettermi ad analizzare e a commentare criticamente quello che Bucchi ha fatto. Sarebbe come spiegare le barzellette.

Credo che in questi giochi il piacere della lettura, e quello visivo (e quello della decifrazione incrociata) sia immediato, e non vada disturbato. Al massimo posso dire che, rispetto alle vignette in bianco e nero su la Repubblica, qui Bucchi dà una prova grafica più completa e complessa. Non solo perché usa, con gusto, il colore, ma perché il collage sa più di incastonatura, il risultato mostra in filigrana un lavoro certosino e la fusione tra queste due metà di "animali" diversi non sembra mai occasionale. Al di là del piacere del gioco siamo invitati a cercare un nesso, una allusione. Magari non c'è, ma il sospetto rimane, e l'ircocervo si ravviva ad ogni sguardo alla luce della nostra curiosità sospettosa."

Massimo Bucchi: '900
prefazione di Umberto Eco
edizioni la Repubblica, Roma - 1998
prefazione

catalogazione: una delle librerie in soggiorno



Condividi su Facebook

Nessun commento:

Posta un commento

benvenuti nella nostra biblioteca. Benvenuti due volte se venite accompagnati da un libro!