"Può apparire semplicistico; ma poiché l'insegnamento richiede organizzazione, strumentazione, spesa, è forse il caso di chiedersi che cosa vale la pena che sia insegnato, e che cosa no. Come è già avvenuto per la famiglia, gran parte dei compiti giudicati necessari, irrinunciabili, tipici della istituzione stanno passando ad altre sedi; bisognerebbe che ciò non avvenisse senza che fosse chiaramente individuato l'insegnabile e precisato il compito scolastico. È ovvio che oggi la scuola non è certo più la fonte maggiore d'informazione; ma quanto è stato distinto, nella scuola, fra informazione e insegnamento? È ovvio che essa non è l'ambiente più motivante o rafforzante i comportamenti; ma quanto si è fatto nella scuola per individuare gli elementi motivanti attuali, contrapponendoli alle utopie dei vari 'dover essere' imposti tanto a chi apprende quanto a chi insegna? Certo l'insegnamento non può essere utopia, anche se è ciò che realizzerà le utopie attuali, non appena individuerà in essa forme di comportamento definibili e conseguibili e saprà indicare la serie ordinata dei passi per l'avvicinamento alla meta. perché neppure il filo rosso dell'utopia (secondo l'espressione di Marcuse) si srotola senza la mediazione di un insegnamento."
Graziella Ballanti: Il comportamento insegnante
Armando Armando editore, Roma - 1975
pag. 153
catalogazione: una delle librerie in soggiorno
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