"L'uomo è un inguaribile ragazzo e il gioco, dalla guerra allo scopone, la sua occupazione preferita. I giochi olimpici incontrarono talmente, che gli anni dipoi furono computati sul loro periodico rinnovarsi. Ogni quattro anni una folla enorme venuta da tutte le parti della Grecia si radunava nella valletta d'Olimpia, sulle rive dell'Alfeo. Arrivavano nei carri, sul dorso dei muli, a piedi. Le famiglie si accampavano all'aperto. Gli uomini discutevano di politica e facevano braccio di ferro, i ragazzini giocavano alla guerra e tiravano ai merli con le cerbottane, le donne preparavano la scordaglià, che è una maionese girata con l'aglio, e il coccorezzi, che sono budellucci d'abbacchio arrotolati su bastoncelli e arrostiti allo spiedo. La folla brulicava al sole e puzzava enormemente. I giochi olimpici erano squisitamente razzisti. Non partecipava alle gare chi non era greco al cento per cento. Alessandro chiese di prendere parte ai giochi ma gli fu risposto di no. «
Come!»
esclamò il re di Macedonia «
i miei antenati provengono da Argo e voi mi impedite di prendere parte ai vostri giochi?»
. Fatti gli accertamenti necessari e riconosciute per vere le dichiarazioni del focoso sovrano, Alessandro fu ammesso alle corse a piedi e a quelle col carro, alla lotta, al pancrazio, alle altre competizioni che, tutte assieme, costituivano i giochi. "
Alberto Savinio: Infanzia di Nivasio Dolcemare
Adelphi, Milano - 1998
pag. 136
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