giovedì 25 marzo 2010

bisogno di contemplazione

"Acqua

Appollaiato davanti al bancone beve un caffè corretto e intanto parla con la titolare. Si lamenta perché si fanno poche corse e i taxi aspettano in fila mezzore intere senza che si avvicini un cliente. Colpa dell'ex sindaco che ha distribuito tutte quelle licenze nuove. Non crede alla crisi, secondo lui è stato Prodi a portare il paese alla rovina e 'ora i comunisti dicono che c’è la crisi'. E l’ America allora? gli oppone la donna, lì mica ha governato Prodi. 'No, però se non c’era l’euro...' Mi chiedo dove sia finita la logica aristotelica. Ma il fatto è che alcuni di noi sentono il bisogno di un responsabile unico per tutte le nefandezze che ci infligge la vita. Così scatta il principio 'ad unicum reducendum', la scorciatoia accusatoria, che evita domande difficili e distribuzioni di responsabilità, e offre il vantaggio della semplificazione. L’euro si presta magnificamente allo scopo. In bocca ad uno scontento diviene quasi una persona, ha un volto, ghignante, una corporatura, massiccia e un’espressione, quella del pirata all’arrembaggio, con il coltello tra i denti. 'Sai che ti dico? continua, che mi vendo la licenza e me ne vado a pesca'. Diventa improvvisamente nostalgico. 'La pesca è la cosa più bella che c’è; anche in questa stagione, ti copri bene, e te ne stai lì un paio d’ore senza parlare, senza sentire nessuno e guardi solo l’acqua. Tu non immagini quanto fa bene guardare l’acqua!' Scopro così di avere qualche cosa in comune con un 'tassinaro' corporativo, che sicuramente ha votato AN e che rimpiange i tempi in cui ero io ad aspettare mezzore intere prima di trovare un taxi: a entrambi piace guardare l’acqua. Così ho anche conferma del fatto che per quanto diversi siamo — e ognuno è diverso da ogni altro e persino da se stesso — sempre almeno uno dei nostri nervi se sollecitato suona allo stesso modo. Così glielo dico: 'anche a me piace guardare l’acqua.' Da nostalgico il suo sguardo si fa ispirato. 'Io quando guardo l’acqua non penso a niente, mi confida. Cioè, non è che non penso a niente, penso molto, ma mica lo so quello che penso. È come quando tengo il motore in folle.' 'È un altro modo di pensare', azzardo io. 'Ecco, è un altro modo di pensare. E mi fa bene, mi riposa. Lo sa che faccio, dopo? I pesci, li ributto in mare. Me li lascio per un’altra volta che ormai, pure i pesci so’ pochi.' Sarà colpa dell’euro, gli dico sorridendo. Ride anche lui. Ci salutiamo contenti, lui con ancora nello sguardo l’acqua che lo riposa. Io penso che sotto, a scavare, c’è tanto di quel bisogno di contemplazione in ognuno di noi, che potremmo essere, tutti, filosofi.

Marina Pierani: L'Ascoltatrice
Ilmiolibro.it - Gruppo Editoriale L'Espresso - 2010
pagg. 47-48

catalogazione: il desktop del mio computer
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