sabato 13 marzo 2010

all'origine del pregiudizio c'è il bisogno di confini

"Non è facile come può sembrare costruire un modello positivo delle società viaggianti, perché le nostre immagini di queste società sono state invariabilmente plasmate dai racconti e dalle testimonianze di osservatori stanziali, 'civili'. Gli antichi, che vivevano in città o entroterra agricoli organizzati intorno a città, percepivano questi gruppi sociali mobili che li circondavano da un punto di vista negativo, per ciò che gli mancava, per il pericolo e la minaccia che rappresentavano. La patria di questa miriade di popoli erranti era essenzialmente lo 'spazio', non un luogo e non erano delimitati da quelle mura e da quei confini che davano peso e permanenza alle identità etniche. Era perciò difficile stabilire distinzioni tra popoli dagli usi così mutevoli e transitori, che non avevano null'altro in comune che un modo di vivere. Il massimo che Strabone poté fare fu citare l'opinione concorde della gente 'civile' nel caso dei frigi e dei misiani: «Si conviene che ciascuna tribù sia 'separata'...ma è difficile segnare i confini tra di loro»."

Eric J. Leed: La mente del viaggiatore - Dall'Odissea al turismo globale
il Mulino editore, Bologna - 1992
traduzione di Erica Joy Mannucci
pag. 277

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