Il suo disgusto per l'esistenza diventa un'ossessione che non ha smesso di esportare, di diffondere, di infliggere. Il suo odio di sé si trasforma in odio del mondo tanto più profondo in quanto accompagna il suo risentimento verso la terra con una venerazione per un mondo ideale, costruito di sana pianta, e per un ripiego nevrotico promosso a unica realtà esistente: il Cielo.
Se per caso avesse vissuto la sua nevrosi in un angolo, l'inesistenza intellettuale di Paolo di Tarso avrebbe permesso la formazione di un altro Occidente. Ma egli ha trascinato con sé tutta l'umanità nel disgusto e ha vinto la sua battaglia assieme all'Imperatore Costantino, il suo formidabile acceleratore storico, il suo demiurgo nella civiltà imperiale.
Paolo fa ridere i filosofi epicurei e stoici che lo ricoprono i lazzi quando, sull'agorà di Atene dove, mescolati ai saggi antichi, si ritrovano alcuni curiosi, insegna la resurrezione della carne e la vita eterna. Come con gli efesini, i corinzi, i romani, i galati, i tassalonicesi, i filippesi, instilla con fervore il suo veleno evangelico: disprezza il corpo, detesta il desiderio, condanna il piacere, biasima la sensualità, codifica la sessualità, vanta la verginità e ammette, a denti stretti, solo gli atti indispensabili alla riproduzione della specie.
Il suo sproloquio fornisce all'Occidente i modelli in base ai quali la maggioranza vive ancora oggi più o meno consapevolmente il suo rapporto con la carne: l'avversione, la ripugnanza, l'esecrazione."
Michel Onfray: Teoria del corpo amoroso
Fazi editore, Roma - 2009
traduzione di Gregorio de Paola
pag. 88
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