"Lei mi guardò un po' stranita, come se non avesse capito la domanda. Poi si mise a giocherellare con le dita, che teneva seminascoste sotto le pieghe del chador, e rispose: «Be', sono stata con Nassrin. Si ricorda quando ci siamo incontrate alla manifestazione? Di lì a poco mi hanno arrestata. Per fortuna mi hanno dato solo cinque anni -- sapevano che ero un pesce piccolo. Sono uscita presto, dopo appena due anni e mezzo, per buona condotta». Mi lasciò a interrogarmi su quale fosse il significato di buona condotta per chi l'aveva arrestata. Bussarono alla porta; era il signor Latif con il tè. Restammo in silenzio finché non uscì.
«Pensavo sempre a lei e alle nostr lezioni» riprese. Dopo i primi interrogatori l'avevano messa in una cella con quindici donne. Là aveva trovato un'altra delle mie studentesse, Razieh. Con la tazza di tè in equilibrio precario per non far scivolare il chador, continuò: «Razieh mi ha parlato dei suoi corsi su James e Hemingway, e io le ho raccontato del processo a Gatsby. Abbiamo riso un sacco. Sa, lei l'hanno uccisa. Io invece sono stata fortunata.» A meno di un anno dal suo rilascio, Mahtab si era sposata e aveva avuto un bambino; adesso ne aspettava un altro. Era al terzo mese. «Non si vede molto sotto il chador» disse, indicando timidamente la pancia."
Azar Nafisi: Leggere Lolita a Teheran
Adelphi edizioni, Milano - 2004
traduzione di Roberto Serrai
pagg. 248-249
catalogazione: una delle librerie in soggiorno
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