“Penelope non era propriamente una persona mattiniera. Amava far tardi la sera, intenta a lavorare. Oppure a guardare qualche telefilm poliziesco alla TV. O al Tannish, la birreria irlandese del suo amico Mack, a bere un buon whiskey al miele, unica sua concessione al mondo degli alcolici. In ogni caso raramente andava a dormire prima della mezzanotte. E raramente la mattina si alzava prima delle nove. Amava poltrire sul letto, nel dormiveglia. Fino a quando il proprio senso di responsabilità o qualche altro fattore esterno non le imponeva, a malincuore, di alzarsi.
Quella mattina però aveva fatto un’eccezione. E di ciò doveva ringraziare il pauroso incubo dal quale si era svegliata di soprassalto, terrorizzando il povero Felix.
Erano quindi appena le otto quando un’insonnolita Penelope portava alla bocca un altro cucchiaio dei suoi cereali preferiti. Era veramente comica a vedersi, appollaiata sullo sgabello di cucina, con il suo pigiama rosa fucsia, la faccia ancora assonnata ed i lunghi capelli neri completamente scompigliati. Passata la paura per l’incubo si era rapidamente rilassata ed aveva avuto la fortissima tentazione di tornare sotto le calde coperte. Aveva però deciso di rimanere in piedi, resistendo stoicamente a quella dolce tentazione. In questa decisione un po’ era stata spinta dalla consapevolezza che doveva tornare presto al lavoro. Quello infatti era l’ultimo giorno che aveva a disposizione per risolvere il caso Spoonish. Ma un po’, confessava a se stessa, era stata motivata dal timore che assieme al sonno tornasse anche quel pauroso incubo.”
Eliott Parker: Penelope Guzman - Il colpevole
Seneca edizioni, Torino - 2009
pag. 120
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