"Tra i primi dettagli che si seppero dell'investimento del 25 febbraio all'incrocio tra rue des Ecoles e rue Saint Jacques ci fu quello che Roland Barthes era rimasto sfigurato, tanto che nessuno, lì a due passi dal Collège de France, aveva potuto riconoscerlo e l'ambulanza che l'aveva raccolto l'aveva portato all'ospedale della Salpêtrière come un ferito senza nome (non aveva documenti su di sé) e così restò per ore non identificato in corsia... Il 28 marzo, nella bara, invece, il suo volto non era affatto sfigurato: era lui come tante volte lo avevo incontrato per quelle vie del Quartiere, con la sigaretta pendente a un angolo della bocca, al modo di chi è stato giovane prima della guerra, (la storicità dell'immagine, uno dei tanti temi della Chambre claire,
s'estende all'immagine che ognuno dà di sé nella vita), ma era lì fissato per sempre, e le stesse pagine di quel capitolo 5 che andai a rileggermi subito dopo, adesso parlavano di quello, solo di quello, di come la fissità dell'immagine sia la morte, e di qui la resistenza interna a lasciarsi fotografare, e anche la rassegnazione. 'Si direbbe che, terrificato, il Fotografo debba lottare enormemente perché la Fotografia non sia la Morte. Ma io, già oggetto, io non lotto'. "
Italo Calvino: Collezioni di sabbia
Garzanti editore, Milano - 1984
pag. 77
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