"Una sera Boulte rincasò e si appoggiò allo stipite del salotto, mordicchiandosi i baffi. La signora Boulte stava sistemando i fiori in un vaso. Perfino a Kashima si adotta una parvenza di urbanità.
"Bambolina - disse Boulte in tono pacato - mi vuoi bene?".
"Immensamente, disse lei, con una risata - "E me lo domandi?".
"Dico sul serio - fece Boulte- mi vuoi veramente bene?".
La signora Boulte lasciò andare i fiori e si girò di scatto."Tu vuoi che ti risponda onestamente?".
"Sììì. È quello che ti ho chiesto".
La signora Boulte parlò in tono sommesso, piatto, per cinque minuti, con estrema chiarezza: non dovevano esserci fraintendimenti. Quando Sansone abbatté le colonne di Gaza, fece una bazzecola, nemmeno lontanamente paragonabile alla prederminata demolizione da parte di una donna della propria casa, che le rovina addosso...Non c'erano piani né propositi dietro le sue parole. Le frasi scaturivano già formate e Boulte ascoltava, appoggiato allo stipite con le mani in tasca.
Quando fu tutto finito e la signora Boulte cominciò a respirare dal naso prima di scoppiare a piangere, lui rise guardando fisso davanti a sé i monti Dosehri. "È tutto? disse. "Grazie, sai, volevo solo sapere".
Rudyard Kipling: La città della tremenda notte
Adelphi Editore, Milano - 2007
traduzione di Ottavio Fatica
pagg. 148-149
catalogazione: S S4 P6