domenica 20 dicembre 2009

romane al trucco

Ovidio - Ars Amatoria – lll, 219- 246







220
quae nunc nomen habent operosi signa Myronis
pondus iners quondam duraque massa fuit
anulus ut fiat, primo conliditur aurum
quas geritis vestis, sordida lana fuit
cum fieret, lapis asper erat nunc, nobile signum,
nuda Venus madidas exprimit imbre comas.

225
tu quoque dum coleris, nos te dormire putemus
aptius a summa conspiciere manu.
cur mihi nota tuo causa est candoris in ore?
claude forem thalami! Quid rude cogis opus?
multa viros nescire decet pars maxima rerum

230
offendat, si non interiora tegas.
aurea quae splendent ornato signa theatro,
inspice, contemnes brattea ligna tegit
sed neque ad illa licet populo, nisi facta, venire,
nec nisi summotis forma paranda viris.

235
at non pectendos coram praebere capillos,
ut iaceant fusi per tua terga, veto.
illo praecipue ne sis morosa caveto
tempore, nec lapsas saepe resolve comas.
tuta sit ornatrix odi quae sauciat ora

240
unguibus et rapta brachia figit acu.
devovet, ut tangit, dominae caput illa, simulque
plorat in invisas sanguinolenta comas.
quae male crinita est, custodem in limine ponat,
orneturve Bonae semper in aede deae.

245
dictus eram subito cuidam venisse puellae:
turbida perversas induit illa comas.



Quelle che ora hanno il nome di statue dell’operoso Mirone un tempo fu(rono) peso inerte e solida massa, perché diventi anello prima si consuma l’oro, quelle vesti che portate furono lana sporca, ora una splendida statua mentre diventava (statua) era ruvida pietra, Venere spreme l’acqua dalle chiome madide

noi pensiamo che tu dorma mentre anche tu ti agghindi, in maniera più appropriata sarai guardata dopo l’ultima mano. Perché mi è nota la causa del candore del tuo viso? Chiudi la porta del talamo, quale rude lavoro esegui? E meglio che gli uomini ignorino molte cose.

La gran parte delle cose disturberebbe se non coprissi le cose più intime. guarda le statue dorate che splendono nel teatro ornato, non ne terrai conto (tieni presente che) la lamina d’oro copre il legno ma al pubblico non è concesso avvicinarsi ad esse se non (sono) finite né l’aspetto approntato se non sono stati allontanati gli uomini

Ma non proibisco di offrire alla vista i capelli da pettinare perché si allarghino sparsi lungo la tua schiena però soprattutto allora eviterai di essere noiosa e non sciogliere spesso i capelli scomposti. Sia sicura l’ancella che ti veste detesto quella che graffia la faccia con le unghie i visi e trafigge con uno spillone la braccia ghermite.

Quella maledice, mentre lo tocca, il capo della padrona ed insieme piange mentre sanguina, sulle odiate chiome. Quella che è mal fornita di capelli ponga una custode alla porta e si orni sempre nel tempio della dea Bona; ero stato annunciato improvvisamente come arrivato ad una ragazza: turbata si calzò la parrucca al contrario!

Ovidio: Ars amatoria
Einaudi, Torino - 1969

catalogazione: biblioteca di Paola

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