"Possedeva una licenza, Andreas. Una licenza governativa che gli permetteva di suonare dove e quando piaceva a lui. Possedeva tre cose: una stampella, una licenza e una decorazione. Tutti vedevano che era un invalido, un soldato che aveva versato il sangue per la patria. Di fronte a uomini come lui la gente prova ancora del rispetto. Guai, se non lo avessero rispettato! Già, proprio così. Non era forse un suo dovere fare musica con l'organetto? La licenza che il governo in persona aveva per così dire deposto nelle sue mani non era forse un obbligo, più che una concessione? Andreas, suonando l'organetto, sollevava il governo dalla cura di provvedere a lui e liberava la nazione da un'imposta permanente. La sua attività, su questo non aveva dubbi, era confrontabile soltanto con quella delle autorità e lui stesso poteva essere paragonato a un funzionario; specie quando suonava l'inno nazionale."
Joseph Roth: La ribellione
Adelphi, Milano - 1989
traduzione di Renata Colorni
pag. 30
domenica 31 gennaio 2010
sabato 30 gennaio 2010
se il passato soffoca il presente...
Oggi l’incessante sorveglianza non viene praticamente avvertita dalla maggior parte delle persone. Tecnica e attuazione dello spionaggio quotidiano hanno luogo senza che la gente quasi se ne accorga. Da un pezzo si è abituata alle telecamere, alle tessere degli sconti e ai messaggi pubblicitari. Alcune cose appaiono fastidiose, altre inevitabili, molte sono invisibili e ignote. Le telecamere promettono sicurezza, i servizi informatici offrono comodità. A parte qualche sporadica seccatura, il cittadino trasparente apprezza le facilitazioni dell’era digitale. Senza esitazioni rinuncia a essere inosservato, anonimo, inaccessibile. Non avverte la perdita della libertà personale. Nemmeno immagina che ci sia qualcosa da difendere.
È troppo poco geloso della propria sfera privata per preservarla a costo di altri vantaggi. La privatezza non è un programma politico che possa portare voti. La tutela del segreto non è un compito suscettibile di consenso nelle società della comunicazione dilagante. L’esigenza di essere lasciati in pace è poco diffusa. Contrasta troppo con lo spirito di un’epoca che butta tutto in politica e antepone la notorietà alla privatezza. Ma il fatto che la protesta latita e la difesa è fiacca non implica che il pericolo sia irrisorio.
Le persone lasciano più tracce di quanto immaginano. A nessuno è più concesso di sottrarsi tacitamente alla società e di essere lasciato in pace. La pista è così ampia che investigatori capaci sono in grado di appurare in un attimo dove uno è stato e con chi ha parlato. Non è possibile per il singolo cambiare maschera di nascosto e diventare altro da quello che è. Non può travestirsi né scomparire per qualche tempo. Il suo corpo viene continuamente passato ai raggi, il suo percorso di vita registrato, la sua condotta documentata. E quanto più a lungo i dati restano memorizzati, tanto più scarse le possibilità dell’oblio. Il sapere archiviato aumenta quotidianamente. In caso di dubbio ogni fatto del passato può essere ricostruito. Nulla viene trascurato, ignorato, perdonato. Perciò gli individui sono condannati ad affidarsi totalmente a se stessi. Devono mettere in conto ogni traccia, valutare preventivamente tutte le conseguenze delle proprie azioni. Se ogni negligenza, ogni errore, ogni leggerezza vengono registrati, la spontaneità dell’agire è compromessa. Ogni azione viene esaminata e giudicata. Nulla sfugge all’attenzione. Il passato soffoca il presente, e al futuro non si affida comunque nessuno, perché nessuno è in grado di assumersi la responsabilità delle proprie predilezioni, disattenzioni e inaffidabilità. Se a intervalli regolari non venissero cancellati certi dati e fatte sparire certe tracce, gli esseri umani sarebbero reclusi nel carcere della loro storia. Queste prospettive però non sembrano spaventare nessuno. Nelle odierne società occidentali vige – come si suole dire – la legge del cambiamento, della caducità. Le mode vanno e vengono, i conoscenti mutano, i pensieri sono già svaniti prima ancora di prendere corpo. Ovunque si diventa testimoni involontari di discorsi insulsi. Massa, volume acustico e velocità della comunicazione sono esplosi.
Nonostante i programmi di filtraggio, nessun teleschermo sarebbe in grado di preservare in modo attendibile tutte le tracce sospette nel caos dei suoni e delle immagini. Il primo interesse non è il segreto privato, ma la messa in scena pubblica di se stessi. Chi non si vede, non esiste, dice la legge della società mediatica. Non si teme di essere spiati, ma di non essere notati. La gente di oggi pare costantemente dedita a fissare la propria immagine. Perché mai uno dovrebbe essere infastidito dalla telecamera nel centro commerciale, quando egli stesso corre da un’istantanea all’altra mettendosi subito in posa davanti a ogni nuovo sfondo?
Per farsi ancora notare nel guazzabuglio mediatico e lasciare una traccia nella memoria sociale, oggi molti ricorrono a espedienti stravaganti. Ogni mezzo è buono; le loro esternazioni sono stridule e isteriche, le loro opinioni astruse e demenziali, il loro aspetto bizzarro ed eccentrico. A ogni costo vogliono apparire sui teleschermi nazionali per riversare sui telespettatori le banalità della loro esistenza. Una volta spenti i riflettori, scompaiono di nuovo nella massa senza troppo rumore.
La smania volgare di effimero protagonismo accelera la distruzione del privato. L’economia della notorietà rende ciechi nei confronti del pericolo politico. Il desiderio di emergere personalmente ha perso da un pezzo il senso del privato. Dunque non è il caso di dare il cessato allarme. Peggio ancora: sono proprio necessarie le apparecchiature radioscopiche, se le persone si mettono a nudo volontariamente? Superflue appaiono le intercettazioni ambientali, se i colloqui a quattr’occhi rappresentano soltanto una parte infinitesimale della comunicazione, mentre i dialoghi per telefono, telescrivente o Internet possono essere registrati in qualsiasi momento. È proprio necessario captare e registrare ogni sillaba, se il diluvio di parole delle conversazioni quotidiane cela soltanto il vuoto dell’insignificanza? Non ci sarà neppure più bisogno di telecamere, dato che nel prossimo futuro ognuno porterà con sé una carta di identità grazie alla quale sarà sempre possibile scoprire dove si trova.
(fonte: Tuttolibri-La Stampa 30 gennaio 2010)
Wolfgang Sofsky
In difesa del privato
Einaudi, Torino - 2007
Traduzione di E. Picco
È troppo poco geloso della propria sfera privata per preservarla a costo di altri vantaggi. La privatezza non è un programma politico che possa portare voti. La tutela del segreto non è un compito suscettibile di consenso nelle società della comunicazione dilagante. L’esigenza di essere lasciati in pace è poco diffusa. Contrasta troppo con lo spirito di un’epoca che butta tutto in politica e antepone la notorietà alla privatezza. Ma il fatto che la protesta latita e la difesa è fiacca non implica che il pericolo sia irrisorio.
Le persone lasciano più tracce di quanto immaginano. A nessuno è più concesso di sottrarsi tacitamente alla società e di essere lasciato in pace. La pista è così ampia che investigatori capaci sono in grado di appurare in un attimo dove uno è stato e con chi ha parlato. Non è possibile per il singolo cambiare maschera di nascosto e diventare altro da quello che è. Non può travestirsi né scomparire per qualche tempo. Il suo corpo viene continuamente passato ai raggi, il suo percorso di vita registrato, la sua condotta documentata. E quanto più a lungo i dati restano memorizzati, tanto più scarse le possibilità dell’oblio. Il sapere archiviato aumenta quotidianamente. In caso di dubbio ogni fatto del passato può essere ricostruito. Nulla viene trascurato, ignorato, perdonato. Perciò gli individui sono condannati ad affidarsi totalmente a se stessi. Devono mettere in conto ogni traccia, valutare preventivamente tutte le conseguenze delle proprie azioni. Se ogni negligenza, ogni errore, ogni leggerezza vengono registrati, la spontaneità dell’agire è compromessa. Ogni azione viene esaminata e giudicata. Nulla sfugge all’attenzione. Il passato soffoca il presente, e al futuro non si affida comunque nessuno, perché nessuno è in grado di assumersi la responsabilità delle proprie predilezioni, disattenzioni e inaffidabilità. Se a intervalli regolari non venissero cancellati certi dati e fatte sparire certe tracce, gli esseri umani sarebbero reclusi nel carcere della loro storia. Queste prospettive però non sembrano spaventare nessuno. Nelle odierne società occidentali vige – come si suole dire – la legge del cambiamento, della caducità. Le mode vanno e vengono, i conoscenti mutano, i pensieri sono già svaniti prima ancora di prendere corpo. Ovunque si diventa testimoni involontari di discorsi insulsi. Massa, volume acustico e velocità della comunicazione sono esplosi.
Nonostante i programmi di filtraggio, nessun teleschermo sarebbe in grado di preservare in modo attendibile tutte le tracce sospette nel caos dei suoni e delle immagini. Il primo interesse non è il segreto privato, ma la messa in scena pubblica di se stessi. Chi non si vede, non esiste, dice la legge della società mediatica. Non si teme di essere spiati, ma di non essere notati. La gente di oggi pare costantemente dedita a fissare la propria immagine. Perché mai uno dovrebbe essere infastidito dalla telecamera nel centro commerciale, quando egli stesso corre da un’istantanea all’altra mettendosi subito in posa davanti a ogni nuovo sfondo?
Per farsi ancora notare nel guazzabuglio mediatico e lasciare una traccia nella memoria sociale, oggi molti ricorrono a espedienti stravaganti. Ogni mezzo è buono; le loro esternazioni sono stridule e isteriche, le loro opinioni astruse e demenziali, il loro aspetto bizzarro ed eccentrico. A ogni costo vogliono apparire sui teleschermi nazionali per riversare sui telespettatori le banalità della loro esistenza. Una volta spenti i riflettori, scompaiono di nuovo nella massa senza troppo rumore.
La smania volgare di effimero protagonismo accelera la distruzione del privato. L’economia della notorietà rende ciechi nei confronti del pericolo politico. Il desiderio di emergere personalmente ha perso da un pezzo il senso del privato. Dunque non è il caso di dare il cessato allarme. Peggio ancora: sono proprio necessarie le apparecchiature radioscopiche, se le persone si mettono a nudo volontariamente? Superflue appaiono le intercettazioni ambientali, se i colloqui a quattr’occhi rappresentano soltanto una parte infinitesimale della comunicazione, mentre i dialoghi per telefono, telescrivente o Internet possono essere registrati in qualsiasi momento. È proprio necessario captare e registrare ogni sillaba, se il diluvio di parole delle conversazioni quotidiane cela soltanto il vuoto dell’insignificanza? Non ci sarà neppure più bisogno di telecamere, dato che nel prossimo futuro ognuno porterà con sé una carta di identità grazie alla quale sarà sempre possibile scoprire dove si trova.
(fonte: Tuttolibri-La Stampa 30 gennaio 2010)
Wolfgang Sofsky
In difesa del privato
Einaudi, Torino - 2007
Traduzione di E. Picco
venerdì 29 gennaio 2010
geremiade materna
"Sua madre gli telefonava tutti i giorni. Lei era sola, lui sapeva che cosa significava questo? Le faceva male la schiena, aveva le gambe gonfie. La gente le chiedeva del figlio e lei doveva dire che faceva l'operaio in fabbrica. Breavman posava il telefono sul letto e la lasciava parlare. Non aveva la forza o la capacità di consolarla. Restava seduto vicino al ricevitore, senza riuscire a parlare o a pensare, consapevole solo del monotono stridore della sua voce. 'Oggi mi sono guardata allo specchio e non mi sono riconosciuta: rughe di esasperazione, rughe per le notti trascorse a pensare a mio figlio, è questo che mi merito, quindici anni insieme a un uomo malato, un figlio a cui non importa se la madre se ne sta lì come un sasso, come un cane, una madre, una madre sola che debba starsene lì come un sasso, una prostituta non sopporterebbe da un figlio quello che sopporto io, che cos'ho io, mangio forse cioccolato tutto il giorno, ho forse dei brillanti per tutto quello che ho dato via, quindici anni, ho forse mai chiesto qualcosa per me, due gambe rotte dalla Russia, le caviglie gonfie che hanno stupito il medico, ma mio figlio è troppo occupato per sentire la verità, notte dopo notte, me ne sto distesa davanti alla tv, a qualcuno importa quello che faccio, ero una persona tanto felice, ero una bellezza, adesso sono brutta, la gente per strada non mi riconosce, ho dato la mia vita e per che cosa, sono stata buona con tutti, una madre, si ha una madre una volta sola nella vita, viviamo forse per sempre, una madre è una cosa fragile, la tua migliore amica, in tutto il mondo c'è forse qualcun altro cui importi quello che ti succede, puoi cascare per strada e la gente ti passa vicino, e io me ne sto lì come un sasso, in tutto il mondo la gente corre a trovare la madre, ma per mio figlio questo non ha importanza, lui può trovarsi un'altra madre, abbiamo una sola vita, è tutto un sogno, un caso...' E quando aveva finito, lui diceva: 'Spero che tu ti senta meglio, mamma.' E arrivederci."
Leonard Cohen: Il gioco preferito
Fazi editore, Roma - 2002
traduzione di Chiara Vatteroni
pag. 137
Leonard Cohen: Il gioco preferito
Fazi editore, Roma - 2002
traduzione di Chiara Vatteroni
pag. 137
giovedì 28 gennaio 2010
addio, Mr. Salinger
"Quando fa bel tempo, i miei genitori vanno spessissimo a mettere un mazzo di fiori sulla tomba del vecchio Allie. Sono andato con loro un paio di volte, poi ho smesso.
Tanto per cominciare, non mi diverte proprio vederlo in quel cimitero pazzesco. In mezzo ai morti e alle tombe e compagnia bella. Ancora ancora quando c'era il sole, ma ben due volte -due volte- eravamo lì quando cominciò a piovere. Era spaventoso.
Pioveva sulla sua lapide schifa, e pioveva sull'erba sulla sua pancia. Dappertutto pioveva. Tutti quelli che erano andati a visitare il cimitero si misero a correre a gambe levate verso le loro automobili. Fu questo a farmi quasi impazzire. Tutti quanti potevano entrare nelle loro automobili e aprire la radio e tutto quanto e poi andare a cena in qualche posto gradevole- tutti, fuorché Allie. Non potevo soppportarlo, lo so che al cimitero c'è soltatnto il suo corpo eccetera eccetera e che la sua anima è in cielo e tutte quelle cretinate, ma non potevo sopportarlo lo stesso. Vorrei soltanto che non fosse là. Voi non lo conoscevate. Se l'aveste conosciuto capireste cosa voglio dire. Ancora ancora quando c'è il sole, ma il sole viene fuori quando gli gira."
J.D.Salinger: IL giovane Holden
Einaudi, Torino -1962
Traduzione di Adriana Motti
pag. 182
J.D.Salinger: IL giovane Holden
Einaudi, Torino -1962
Traduzione di Adriana Motti
pag. 182
mercoledì 27 gennaio 2010
Giornata della Memoria
"Non esiste assurdità che non possa essere vissuta con naturalezza e sul mio cammino, lo so fin d'ora, la felicità mi aspetta come una trappola inevitabile. Perché persino là, accanto ai camini, nell'intervallo tra i tormenti c'era qualcosa che assomigliava alla felicità."
Imre Kertész: Essere senza destino
Feltrinelli, Milano - 2002
traduzione di Barbara Griffini
pag. 121
martedì 26 gennaio 2010
l'avvenimento avrà luogo!
"Secondo il Manuale (pp. 327-28), il socialismo sostituirà 'inevitabilmente' il capitalismo e questa sostituzione si farà con 'mezzi rivoluzionari...' Nell'epoca dell'imperialismo, il conflitto fra le forze produttive e i rapporti di produzione 'ha raggiunto un grado di asprezza senza precedenti...' La rivoluzione socialista proletaria è 'una necessità oggettiva...' Queste interpretazioni sono eccellenti; è così che si deve dire. L'espressione 'una necessità oggettiva' è eccellente; fa molto piacere. Parlare di necessità oggettiva significa che niente può essere modificato dalla volontà degli uomini. Che lo si voglia o no, l'avvenimento avrà luogo."
Mao Tse-Tung: Su Stalin e sull'URSS
Giulio Einaudi editore, Torino - 1975
traduzione di Hsiao Wen-Tai con la collaborazione di Marta Sofri
pag. 31
catalogazione: una delle librerie in soggiorno
Mao Tse-Tung: Su Stalin e sull'URSS
Giulio Einaudi editore, Torino - 1975
traduzione di Hsiao Wen-Tai con la collaborazione di Marta Sofri
pag. 31
catalogazione: una delle librerie in soggiorno
lunedì 25 gennaio 2010
prova con un SMS o mandale una mail, cercala in Facebook o in chat!
"Scrivimi qualche parola d'amore e di conforto. O lascia un messaggio sulla segreteria telefonica. O compari alla mia porta, o nel piccolo schermo azzurro. Ti ho scritto; so che il fax è passato.
È giugno: gli scoiattoli mangiano i fichi acerbi sul muro, i fiori secchi dei castagni vengono spazzati via sulla ghiaia.
È giugno: gli scoiattoli mangiano i fichi acerbi sul muro, i fiori secchi dei castagni vengono spazzati via sulla ghiaia.
Non ho avuto tue notizie. Non hai risposto al mio fax non richiesto. Forse non sei in città?"
Vikram Seth: Una musica costante
Longanesi, Milano - 1999
traduzione di Massimo Birattari
pag. 367
domenica 24 gennaio 2010
preminenza dell'arte sulle scienze morali
"A questo tipo d'impostazione e a questo tipo di soluzione ha concorso senza dubbio la circostanza del suo senso dello spettacolo, della sua passione per il teatro, della ipersensibilità per il carattere paradigmatico del vero che il teatro tipicizzava. Egli aderiva fondamentalmente alla revisione aristotelica del problema dell'espressione, proprio perché credeva a una preminenza dell'arte sulle scienze morali: questo come soluzione del problema classico. Se il Lied entra nella Sinfonia, si realizza, paradigmatica, la sintesi tra l'universale e il particolare, nel senso che mentre il Lied presenta la parabola, le cui conclusioni moraliste Mahler sempre persegue, la Sinfonia deve rigeneralizzare la questione nel più alto ambito universale. Non i tratta quindi di un problema di musica pura e di musica sporca; è per lui la soluzione dei destini della musica, anche alla luce dell'esperienza beethoveniana, anche alla luce dell'esperienza wagneriana."
Ugo Duse: Gustav Mahler
Giulio Einaudi editore, Torino - 1973
pag. 177
catalogazione: libreria accanto al divano
Ugo Duse: Gustav Mahler
Giulio Einaudi editore, Torino - 1973
pag. 177
catalogazione: libreria accanto al divano
sabato 23 gennaio 2010
il fuoco
"Re Gayumers si levò dal suo trono e disse al nipote con fierezza: - Hosheng, mio diletto, hai potuto trovare la maniera di accendere il fuoco. Ora, per noi, comincia una nuova vita. Che tu sia benedetto per il resto dei tuoi giorni. Sali su questo trono; d'ora in poi tu sarai il re dell'Iran!
Tutto il popolo applaudì freneticamente e il giovane Hosheng salì sul trono. E da quel momento ebbe inizio la civiltà del popolo iranico, che doveva riempire coi suoi splendori tutto il mondo di allora."
Fiabe e Leggende Persiane
curato e tradotto da J. Pitt
Fratelli Fabbri Editore, Milano - 1975
Tutto il popolo applaudì freneticamente e il giovane Hosheng salì sul trono. E da quel momento ebbe inizio la civiltà del popolo iranico, che doveva riempire coi suoi splendori tutto il mondo di allora."
Fiabe e Leggende Persiane
curato e tradotto da J. Pitt
Fratelli Fabbri Editore, Milano - 1975
venerdì 22 gennaio 2010
l'uomo ha spezzato il sole e ha rovesciato il vento
"Questo pane che spezzo
Questo pane che spezzo un tempo era frumento,
Questo vino su un albero straniero
Nei suoi frutti era immerso;
L'uomo di giorno o il vento della notte
Gettò a terra le messi, spezzò la gioia dell'uva.
In questo vino, un tempo, il sangue dell'estate
Batteva nella carne che vestiva la vite;
Un tempo, in questo pane,
Il frumento era allegro in mezzo al vento;
L'uomo ha spezzato il sole e ha rovesciato il vento.
Questa carne che spezzi, questo sangue a cui lasci
Devastare le vene, erano un tempo
Frumento ed uva, nati
Da radice e da linfa sensuali.
È il mio vino che bevi, è il mio pane che addenti.
This Bread I Break
This bread I break was once the oat,
This wine upon a foreign tree
Plunged in its fruit;
Man in the day or wind at night
Laid the crops low, broke the grape’s joy.
Once in this wine the summer blood
Knocked in the flesh that decked the vine,
Once in this bread
The oat was merry in the wind;
Man broke the sun, pulled the wind down.
This flesh you break, this blood you let
Make desolation in the vein,
Were oat and grape
Born of the sensual root and sap;
My wine you drink, my bread you snap."
Dylan Thomas: Poesie
Giulio Einaudi editore, Torino - 1965
traduzioni di Ariodante Marianni e Alfredo Giuliani
pagg. 20-21
catalogazione: libreria di fronte al divano
Questo pane che spezzo un tempo era frumento,
Questo vino su un albero straniero
Nei suoi frutti era immerso;
L'uomo di giorno o il vento della notte
Gettò a terra le messi, spezzò la gioia dell'uva.
In questo vino, un tempo, il sangue dell'estate
Batteva nella carne che vestiva la vite;
Un tempo, in questo pane,
Il frumento era allegro in mezzo al vento;
L'uomo ha spezzato il sole e ha rovesciato il vento.
Questa carne che spezzi, questo sangue a cui lasci
Devastare le vene, erano un tempo
Frumento ed uva, nati
Da radice e da linfa sensuali.
È il mio vino che bevi, è il mio pane che addenti.
This Bread I Break
This bread I break was once the oat,
This wine upon a foreign tree
Plunged in its fruit;
Man in the day or wind at night
Laid the crops low, broke the grape’s joy.
Once in this wine the summer blood
Knocked in the flesh that decked the vine,
Once in this bread
The oat was merry in the wind;
Man broke the sun, pulled the wind down.
This flesh you break, this blood you let
Make desolation in the vein,
Were oat and grape
Born of the sensual root and sap;
My wine you drink, my bread you snap."
Dylan Thomas: Poesie
Giulio Einaudi editore, Torino - 1965
traduzioni di Ariodante Marianni e Alfredo Giuliani
pagg. 20-21
catalogazione: libreria di fronte al divano
giovedì 21 gennaio 2010
Santiago: ville seigneuriale!
"Santiago était une belle ville située dans une vallée fertile, entourée de montagnes rouges en été et recouvertes de neige en hiver, une ville paisible, somnolente où l'air sentait un mélange de jardins fleuris et de crottin de cheval. Elle avait l'aspect d'une ville française, avec ses arbres centenaires, ses places, ses fontaines mauresques, ses portes cochères et ses passages, ses femmes élégantes, ses jolies boutiques où l'on vendait les plus beaux articles importés d'Europe et d'Orient, ses promenades et allées où les riches se montraient dans leurs voitures et sur leurs magnifiques chevaux. Dans la rue passaient des vendeurs ambulants qui vantaient la maigre marchandise de leurs paniers, des bandes de chiens vagabonds couraient ici et là, et sous les toits nichaient des pigeons et des moineaux. Les cloches des églises marquaient l'une après l'autre les heures qui passaient, sauf pendant la sieste, où les rues se vidaient: c'était l'heure du repos."
Isabel Allende: Portrait sépia
Éditions Grasset & Fasquelle, Paris - 2001
traduzione dallo spagnolo di Claude de Frayssinet
pagg. 193-194
catalogazione: libreria di fronte al divano
Isabel Allende: Portrait sépia
Éditions Grasset & Fasquelle, Paris - 2001
traduzione dallo spagnolo di Claude de Frayssinet
pagg. 193-194
catalogazione: libreria di fronte al divano
mercoledì 20 gennaio 2010
partir en liberté
"Je pourrais aussi voyager; j'irais dans beaucoup de villes que je ne connais pas, et je me ferais un ami dans chaque ville. Puis, plus tard, je retournerais dans ces villes; mais je ferais exprès d'y aller les jours où je serais sûr de ne pas pouvoir rencontrer cet ami. Par exemple, j'irais à Rio le jour du Carnaval. Je sonnerais à la porte de cet ami, mettons Pablo, et naturellement il ne serait pas là. Alors, je pourrais prendre une feuille de papier, et j'écrirais une courte lettre:
"Mon cher Pablo,
Je suis venu aujourd'hui à Rio pour te voir.
Mais tu n'étais pas chez toi. Je suppose que
tu étais au Carnaval, comme tout le monde.
Je regrette de n'avoir pu te trouver. On
aurait pris un pot ensemble et on aurait
parlé. Je repasserai peut-être l'année
prochaine. Ciao.
Adam Pollo."
Ou bien j'irais à Paris le jour du Quatorze Juillet, à moins que ce ne soit à Moscou pour le Défilé sur la Place Rouge, à Rome pour le Concile, ou à Newport le jour du Festival de Jazz.
La vraie difficulté serais de bien choisir mes amis; il fraudrait que je sois certain de leur absence le jour où je viendrais les voir."
J.M.G. Le Clétio: Le procès-verbal
Gallimard, Paris - 1963
pag. 134
"Mon cher Pablo,
Je suis venu aujourd'hui à Rio pour te voir.
Mais tu n'étais pas chez toi. Je suppose que
tu étais au Carnaval, comme tout le monde.
Je regrette de n'avoir pu te trouver. On
aurait pris un pot ensemble et on aurait
parlé. Je repasserai peut-être l'année
prochaine. Ciao.
Adam Pollo."
Ou bien j'irais à Paris le jour du Quatorze Juillet, à moins que ce ne soit à Moscou pour le Défilé sur la Place Rouge, à Rome pour le Concile, ou à Newport le jour du Festival de Jazz.
La vraie difficulté serais de bien choisir mes amis; il fraudrait que je sois certain de leur absence le jour où je viendrais les voir."
J.M.G. Le Clétio: Le procès-verbal
Gallimard, Paris - 1963
pag. 134
martedì 19 gennaio 2010
istruzione selvaggia!
"- Dio mio! Gli osseti? Allora è terribile.
- Che... differenza c'è?...
- Come, che differenza? Del resto, voi non conoscete i nostri costumi. Gli ingusci, quando saccheggiano, saccheggiano e basta. Mentre gli osseti saccheggiano e uccidono.
- Uccideranno tutti? - chiese Slezkin, preoccupato, sbuffando con la pipa puzzolente.
- Ah, Dio mio! Come siete strano! Non tutti, si capisce... E poi, chi, in genere può dirlo... Del resto, come posso... io... l'ho dimenticato.
- Stiamo facendo inquietare il malato.
Il vestito frusciò. La padrona di casa si inchinò verso di me.
- Io non mi in-quieto...
- Sciocchezze! - tagliò corto Slezkin. - Sciocchezze!
- Come? Scioc-chez-ze?
- Sì, proprio... Gli osseti e tutto il resto. Assurdità - mandò fuori uno sbuffo di fumo.
Il cervello, esausto, si mise a un tratto a cantare:
- Mamma, mamma! Che fa-re-mo mai?
- Proprio così. Che fa-re-mo?
- Slezkin sorrise solo con la guancia destra.
Ci pensò su. L'ispirazione si accese.
- Organizzeremo una sottosezione delle arti.
- Che cos'è?
- Cosa?
- Ma sì... la sottoquellacosa.
- Sotto?
- Uhu!
- Perché sotto?
- Così... Vedi, - si agitò, - esistono il dipartimento dell'istruzione popolare e la sezione dell'istruzione popolare. Dip. e sez. Così c'è anche la sotto-sottosezione. Capisci?
- Istruzione popolare. Istruzione selvaggia.
- Barbusse. Che barba. Il barbaro."
Michail A. Bulgakov: Appunti sui polsini
Editori Riuniti, Roma - 1978
traduzioni di E. Bazzarelli, G. Spendel, A. Fiamenghi
pagg. 94-95
catalogazione: una delle librerie in soggiorno
- Che... differenza c'è?...
- Come, che differenza? Del resto, voi non conoscete i nostri costumi. Gli ingusci, quando saccheggiano, saccheggiano e basta. Mentre gli osseti saccheggiano e uccidono.
- Uccideranno tutti? - chiese Slezkin, preoccupato, sbuffando con la pipa puzzolente.
- Ah, Dio mio! Come siete strano! Non tutti, si capisce... E poi, chi, in genere può dirlo... Del resto, come posso... io... l'ho dimenticato.
- Stiamo facendo inquietare il malato.
Il vestito frusciò. La padrona di casa si inchinò verso di me.
- Io non mi in-quieto...
- Sciocchezze! - tagliò corto Slezkin. - Sciocchezze!
- Come? Scioc-chez-ze?
- Sì, proprio... Gli osseti e tutto il resto. Assurdità - mandò fuori uno sbuffo di fumo.
Il cervello, esausto, si mise a un tratto a cantare:
- Mamma, mamma! Che fa-re-mo mai?
- Proprio così. Che fa-re-mo?
- Slezkin sorrise solo con la guancia destra.
Ci pensò su. L'ispirazione si accese.
- Organizzeremo una sottosezione delle arti.
- Che cos'è?
- Cosa?
- Ma sì... la sottoquellacosa.
- Sotto?
- Uhu!
- Perché sotto?
- Così... Vedi, - si agitò, - esistono il dipartimento dell'istruzione popolare e la sezione dell'istruzione popolare. Dip. e sez. Così c'è anche la sotto-sottosezione. Capisci?
- Istruzione popolare. Istruzione selvaggia.
- Barbusse. Che barba. Il barbaro."
Michail A. Bulgakov: Appunti sui polsini
Editori Riuniti, Roma - 1978
traduzioni di E. Bazzarelli, G. Spendel, A. Fiamenghi
pagg. 94-95
catalogazione: una delle librerie in soggiorno
lunedì 18 gennaio 2010
cosa c'è da mangiare?
"«Cosa c'è da mangiare?» chiese Hunter.
Serpentine guardò la donna dal vitino di vespa rimasta sulla soglia. «Be'?» fece.
La donna ammiccò con il sorriso più freddo che Richard avesse mai visto solcare un volto umano. Quindi disse «Uova fritte uova in camicia uova in salamoia cervo al curry cipolle in salamoia aringhe affumicate aringhe sotto sale funghi in umido bacon salato cavolo ripieno stufato di montone gelatina di stinco di vitello...»
Richard aprì la bocca per implorarla di smettere, ma era troppo tardi. Improvvisamente, violentemente, disperatamente, diede di stomaco."
Neil Gaiman: Nessun dove
Fanucci editore, Roma - 1999
traduzione di Elisa Villa
pag. 187
catalogazione: una delle librerie in soggiorno
Serpentine guardò la donna dal vitino di vespa rimasta sulla soglia. «Be'?» fece.
La donna ammiccò con il sorriso più freddo che Richard avesse mai visto solcare un volto umano. Quindi disse «Uova fritte uova in camicia uova in salamoia cervo al curry cipolle in salamoia aringhe affumicate aringhe sotto sale funghi in umido bacon salato cavolo ripieno stufato di montone gelatina di stinco di vitello...»
Richard aprì la bocca per implorarla di smettere, ma era troppo tardi. Improvvisamente, violentemente, disperatamente, diede di stomaco."
Neil Gaiman: Nessun dove
Fanucci editore, Roma - 1999
traduzione di Elisa Villa
pag. 187
catalogazione: una delle librerie in soggiorno
domenica 17 gennaio 2010
fabbricare fabbricare fabbricare
"Fabbricare fabbricare fabbricare
Preferisco il rumore del mare
Che dice fabbricare fare e disfare
Fare e disfare è tutto un lavorare
Ecco quello che so fare."
Dino Campana: Canti orfici
Vallecchi editore, Firenze - 1966
pag. 267
catalogazione: libreria accanto al divano
Preferisco il rumore del mare
Che dice fabbricare fare e disfare
Fare e disfare è tutto un lavorare
Ecco quello che so fare."
Dino Campana: Canti orfici
Vallecchi editore, Firenze - 1966
pag. 267
catalogazione: libreria accanto al divano
sabato 16 gennaio 2010
ricordando Angela
"Cammino sul selciato del piccolo paese di Collevecchio, mentre le colline profumano intorno di cenere e legna, dolci e sinuose, con una grazia antica, quando all'improvviso mi coglie un battito d'ali e alzo lo sguardo verso il cielo: di un azzurro pulito, un campanile a penetrare l'aria fresca delle prime ore del mattino, le campane nient'altro che vibrazioni lanciate nello spazio su cui si adagia il cuore.
Mi accorgo di vivere.
È un attimo di suprema felicità.
Ho ancora tempo, mi dico, per ricominciare. Ho ancora altre ore per imparare. Non è finita: si cammina alla conquista della chiarezza e della visione esatta del tutto. Forse per questo, non depongo la fiducia e aspetto che altri vedano 'il raggio verde', che in tanti si alzino da terra come richiamati da una improvvisa intuizione...conoscere attraverso il cuore! Sebbene guardi alla storia mia e collettiva con la consapevolezza della scarsa realizzazione delle aspettative umane, c'è un terzo occhio, nella mia coscienza, che mi aiuta a guardare oltre gli eventi e mi concede lo spazio del respiro e della speranza. Non sono nata per vincere, per avere tutte le risposte e per avere ragione: sono nata per capire, per cercare anche nella ragione degli altri, per fare esperimenti e confutazioni e poi nel silenzio far sedimentare il tutto e attendere...
Così nessuna parola diventa assoluta, neppure il dolore, nessuna idea politica, filosofica, religiosa si impossessa del mio vagabondare nel mondo...
Questa è la ragione della mia scrittura oggi: aprire una porta, scoprire se si vede qualcosa, descrivere ciò che vedo e aspettare che faccia da risonanza nel cuore dell'altro. Da onda a onda finiremo per suonare una vibrazione intensa che andrà ad arricchire l'etere di altri suoni. Non ci sono solo i rumori della devastazione, il clamore delle fanfare, lo sghignazzare delle perfidie, il bisbigliare dei tradimenti e dei complotti. C'è anche un suono che poi è un canto, un richiamo all'attenzione, un attimo di sospensione del respiro prima di dire...è così, ho capito, vado avanti..."
Angela Altieri MacDonald: L'era della debolezza (bloggy-book)
Le speziali editrice, Roma - 2009
pag. 127
Le parole di Angela hanno fatto da risonanza in molti cuori e continueranno a farlo
Mi accorgo di vivere.
È un attimo di suprema felicità.
Ho ancora tempo, mi dico, per ricominciare. Ho ancora altre ore per imparare. Non è finita: si cammina alla conquista della chiarezza e della visione esatta del tutto. Forse per questo, non depongo la fiducia e aspetto che altri vedano 'il raggio verde', che in tanti si alzino da terra come richiamati da una improvvisa intuizione...conoscere attraverso il cuore! Sebbene guardi alla storia mia e collettiva con la consapevolezza della scarsa realizzazione delle aspettative umane, c'è un terzo occhio, nella mia coscienza, che mi aiuta a guardare oltre gli eventi e mi concede lo spazio del respiro e della speranza. Non sono nata per vincere, per avere tutte le risposte e per avere ragione: sono nata per capire, per cercare anche nella ragione degli altri, per fare esperimenti e confutazioni e poi nel silenzio far sedimentare il tutto e attendere...
Così nessuna parola diventa assoluta, neppure il dolore, nessuna idea politica, filosofica, religiosa si impossessa del mio vagabondare nel mondo...
Questa è la ragione della mia scrittura oggi: aprire una porta, scoprire se si vede qualcosa, descrivere ciò che vedo e aspettare che faccia da risonanza nel cuore dell'altro. Da onda a onda finiremo per suonare una vibrazione intensa che andrà ad arricchire l'etere di altri suoni. Non ci sono solo i rumori della devastazione, il clamore delle fanfare, lo sghignazzare delle perfidie, il bisbigliare dei tradimenti e dei complotti. C'è anche un suono che poi è un canto, un richiamo all'attenzione, un attimo di sospensione del respiro prima di dire...è così, ho capito, vado avanti..."
Angela Altieri MacDonald: L'era della debolezza (bloggy-book)
Le speziali editrice, Roma - 2009
pag. 127
Le parole di Angela hanno fatto da risonanza in molti cuori e continueranno a farlo
venerdì 15 gennaio 2010
non si vive senza essere coinvolti
“...E tremar si deve, sin quando non si riesca a guarire. Questa sinistra facilità di morire...
Torno a ripetermi questi versi di Victor Hugo, scritti, ora è un secolo, in onore dei caduti della Comune, al pesiero di quei giovani e di quella ragazza che hanno preferito darsi fuoco piuttosto che accettare il mondo così come gli veniva imposto. È forse la prima volta, nella nostra società occidentale, che un tale sacrificio volontario prenda a schiaffi la morale dell'interesse bene inteso, del buon senso, e la nozione dell'adattamento al mondo com'è. Ma questo sacrificio è volontario? Come i cristiani che un tempo si rifiutavano di sacrificare agli idoli, queste giovani vite hanno sentito, a torto o a ragione, di non avere altra scelta se non di immolarsi a questi falsi dèi di avidità e di violenza in mezzo ai quali noi accettiamo di vivere, o di protestare per la loro morte.
In un certo senso, essi non si ingannavano: non si vive senza essere coinvolti. 'Il mondo è in fiamme, dicono da tremila anni i sutra buddhisti, il fuoco dell'ignoranza, il fuoco della cupidigia, il fuoco dell'aggressività lo divorano'. Alcuni ragazzi a Lilla, a Parigi, e qualche mese fa in Provenza, hanno riconosciuto questa verità che la maggior parte di noi passa la vita a non vedere. Sono usciti da un mondo dove guerre più radicalmente distruttive che mai si insediano nel mezzo di una pace che non è una pace e troppo spesso tende a divenire per l'uomo e il suo ambiente quasi non meno distruttiva della guerra, da un mondo dove annunci gastronomici compaiono sulla stampa accanto a servizi giornalistici sulla morte per fame di intere popolazioni, dove ogni donna che indossa una pelliccia contribuisce all'estinzione di una specie vivente, dove la nostra smania di velocità aggrava ogni giorno di più l'iquinamento di un monndo da cui dipendiamo per vivere, dove ogni lettore avido di un romanzo giallo, o di un fatto sinistro di cronaca, ogni spettatore di un film di violenza contribuisce senza saperlo a questa passione di uccidere che ci è costata in un mezzo secolo milioni di condanne a morte. Questi ragazzi hanno avuto ragione o torto a lasciare tutto questo?
La risposta dipenderà in definitiva dal mutamento interiore che intorno ad essi avrà prodotto o meno il loro sacrificio. Potevamo impedirgli di compierlo o, quel che conta ancor di più, possiamo impedire che in futuro altri cuori puri seguano la stessa via? Di fronte a un interrogativo così pressante, bisogna proprio ammettere che non una delle solite ragioni che avremmo potuto offrire loro per continuare a vivere è abbastanza forte per trattenere qualcuno che non sopporta il mondo così com'è. È vano dir loro che i più capaci, o forse i più saggi, possono ancora sbrogliarsela nel caos in cui siamo, o anche ricavarne qualche piccola parte di felicità o di successo personale, quando ciò per cui muoiono non è la propria afflizione, ma quella degli altri.
Sembra proprio che a questo sacrificio, tipico dei monaci buddisti, così degno di ammirazione dal fondo del suo orrore, non si possa utilmente opporre se non la tradizione che vuole che il Buddha stesso, sul punto di entrare nella pace, decise di restare in questo mondo finché una sola creatura vivente non avesse avuto bisogno del suo aiuto. Coloro che se ne sono andati erano sicuramente tra i migliori: avevamo bisogno di loro. E noi li avremmo forse salvati se li avessimo persuasi che il loro rifiuto, la loro indignazione, la loro disperazione stessa erano necessari, se avessimo saputo opporre a questa sinistra facilità di morire la difficoltà eroica di vivere (o di cercare di vivere), così da fare del mondo un luogo un poco meno scandaloso di quello che è.”
Marguerite Yourcenar: Il tempo, grande scultore
Giulio Einaudi editore, Torino - 1994
traduzione di Giuseppe Guglielmi
pagg. 143-144
catalogazione: libreria di fianco al divano
Torno a ripetermi questi versi di Victor Hugo, scritti, ora è un secolo, in onore dei caduti della Comune, al pesiero di quei giovani e di quella ragazza che hanno preferito darsi fuoco piuttosto che accettare il mondo così come gli veniva imposto. È forse la prima volta, nella nostra società occidentale, che un tale sacrificio volontario prenda a schiaffi la morale dell'interesse bene inteso, del buon senso, e la nozione dell'adattamento al mondo com'è. Ma questo sacrificio è volontario? Come i cristiani che un tempo si rifiutavano di sacrificare agli idoli, queste giovani vite hanno sentito, a torto o a ragione, di non avere altra scelta se non di immolarsi a questi falsi dèi di avidità e di violenza in mezzo ai quali noi accettiamo di vivere, o di protestare per la loro morte.
In un certo senso, essi non si ingannavano: non si vive senza essere coinvolti. 'Il mondo è in fiamme, dicono da tremila anni i sutra buddhisti, il fuoco dell'ignoranza, il fuoco della cupidigia, il fuoco dell'aggressività lo divorano'. Alcuni ragazzi a Lilla, a Parigi, e qualche mese fa in Provenza, hanno riconosciuto questa verità che la maggior parte di noi passa la vita a non vedere. Sono usciti da un mondo dove guerre più radicalmente distruttive che mai si insediano nel mezzo di una pace che non è una pace e troppo spesso tende a divenire per l'uomo e il suo ambiente quasi non meno distruttiva della guerra, da un mondo dove annunci gastronomici compaiono sulla stampa accanto a servizi giornalistici sulla morte per fame di intere popolazioni, dove ogni donna che indossa una pelliccia contribuisce all'estinzione di una specie vivente, dove la nostra smania di velocità aggrava ogni giorno di più l'iquinamento di un monndo da cui dipendiamo per vivere, dove ogni lettore avido di un romanzo giallo, o di un fatto sinistro di cronaca, ogni spettatore di un film di violenza contribuisce senza saperlo a questa passione di uccidere che ci è costata in un mezzo secolo milioni di condanne a morte. Questi ragazzi hanno avuto ragione o torto a lasciare tutto questo?
La risposta dipenderà in definitiva dal mutamento interiore che intorno ad essi avrà prodotto o meno il loro sacrificio. Potevamo impedirgli di compierlo o, quel che conta ancor di più, possiamo impedire che in futuro altri cuori puri seguano la stessa via? Di fronte a un interrogativo così pressante, bisogna proprio ammettere che non una delle solite ragioni che avremmo potuto offrire loro per continuare a vivere è abbastanza forte per trattenere qualcuno che non sopporta il mondo così com'è. È vano dir loro che i più capaci, o forse i più saggi, possono ancora sbrogliarsela nel caos in cui siamo, o anche ricavarne qualche piccola parte di felicità o di successo personale, quando ciò per cui muoiono non è la propria afflizione, ma quella degli altri.
Sembra proprio che a questo sacrificio, tipico dei monaci buddisti, così degno di ammirazione dal fondo del suo orrore, non si possa utilmente opporre se non la tradizione che vuole che il Buddha stesso, sul punto di entrare nella pace, decise di restare in questo mondo finché una sola creatura vivente non avesse avuto bisogno del suo aiuto. Coloro che se ne sono andati erano sicuramente tra i migliori: avevamo bisogno di loro. E noi li avremmo forse salvati se li avessimo persuasi che il loro rifiuto, la loro indignazione, la loro disperazione stessa erano necessari, se avessimo saputo opporre a questa sinistra facilità di morire la difficoltà eroica di vivere (o di cercare di vivere), così da fare del mondo un luogo un poco meno scandaloso di quello che è.”
Marguerite Yourcenar: Il tempo, grande scultore
Giulio Einaudi editore, Torino - 1994
traduzione di Giuseppe Guglielmi
pagg. 143-144
catalogazione: libreria di fianco al divano
giovedì 14 gennaio 2010
il nord magnetico e l'ago da cucito
"Carry several sewing needles with good size eyeholes so you can use sewing thread, dental floss or other thread. Needles make a small package, so pack various sizes. Protect yourself from the points by placing duct tape over the points (which also keeps them from rolling around) or by placing them in a miniature tube or needle holder.
You can magnetize the eye end of your needles before you pack them so they can be used as compass needles. Place a magnetized needle on a leaf and float it in a puddle of water. The point of the needle will face magnetic north."
John D. McCann: Build the Perfect Survival Kit
Krause Publications, Iola (USA) - 2005
pag. 99
catalogazione: libreria "della montagna" del Bip
You can magnetize the eye end of your needles before you pack them so they can be used as compass needles. Place a magnetized needle on a leaf and float it in a puddle of water. The point of the needle will face magnetic north."
John D. McCann: Build the Perfect Survival Kit
Krause Publications, Iola (USA) - 2005
pag. 99
catalogazione: libreria "della montagna" del Bip
mercoledì 13 gennaio 2010
immischiarsi è l'unica possibilità di essere realistici!
"Qualunque filo io sfiori, poi si muove tutta la rete. Uno dei lavori che cominciammo alla Tavola Rotonda, l'abbozzo che ci era stato commissionato per una Repubblica Democratica Tedesca, poi trasformato da un consiglio d'amministrazione, nell'ambito del rapido processo di unificazione, in costituzione per una 'lega costituzionalmente democratica dei Länder tedeschi' portò anche me a discutere di costituzione della Paulskirche a Francoforte sul Meno. Era il giugno del 1991, e lo dico perché la velocità con cui dimentichiamo sembra aver subito un'accelerazione. Vi meravigliereste di quanti e quali uomini e donne dell'Est e dell'Ovest discutevano in quel luogo con competenza e passione di una nuova costituzione per quella Germania tutta da creare. Il documento che pubblicammo aveva per epigrafe un motto di Heinrich Böll: 'Immischiarsi è l'unica possibilità di essere realistici.'"
Christa Wolf: Congedo dai fantasmi
edizioni e/o, Roma - 1995
traduzione di Anita Raja
pagg. 88-89
catalogazione: libreria di fianco al computer
Christa Wolf: Congedo dai fantasmi
edizioni e/o, Roma - 1995
traduzione di Anita Raja
pagg. 88-89
catalogazione: libreria di fianco al computer
martedì 12 gennaio 2010
lo sciupio dell'erudizione
"Le tecniche della critica furono a lungo praticate, almeno in modo continuativo, quasi esclusivamente da un pugno di eruditi, di esegeti e di curiosi. Gli scrittori dediti a comporre opere storiche di un certo respiro non si curavano affatto di rendersi familiari quelle ricette di laboratorio, a loro parere troppo minuziose; e a malapena consentivano a tener conto dei loro risultati. Ora, secondo il detto di Humboldt, non è mai bene che i chimici temano di 'bagnarsi le mani'. Per la storia, il pericolo di un simile scisma tra la preparazione e la messa in opera è duplice.
Anzitutto, colpisce duramente i grandi tentativi d'interpretazione. Questi non solo vengono meno, in tal modo, al primo dovere della veracità pazientemente ricercata; ma privati inoltre di quel perpetuo rinnovamento, di quella sorpresa sempre rinascente, che solo la lotta con il documento può procurare, non riescono a sfuggire a un'oscillazione incessante tra pochi temi stereotipi imposti dalla routine. Il lavoro tecnico ne soffre però altrettanto. Non più guidato dall'alto, rischia di appigliarsi indefinitamente a problemi insignificanti o mal posti. Non v'è peggior sciupio di quello dell'erudizione, quando gira a vuoto, né superbia peggio giustificata dell'orgoglio dello strumento, che si consideri fine a se stesso."
Marc Bloch: Apologia della Storia o Mestiere di storico
Giulio Einaudi editore, Torino - 1981
traduzione di Carlo Pischedda
pagg. 85-86
catalogazione: libreria di fianco al divano
Anzitutto, colpisce duramente i grandi tentativi d'interpretazione. Questi non solo vengono meno, in tal modo, al primo dovere della veracità pazientemente ricercata; ma privati inoltre di quel perpetuo rinnovamento, di quella sorpresa sempre rinascente, che solo la lotta con il documento può procurare, non riescono a sfuggire a un'oscillazione incessante tra pochi temi stereotipi imposti dalla routine. Il lavoro tecnico ne soffre però altrettanto. Non più guidato dall'alto, rischia di appigliarsi indefinitamente a problemi insignificanti o mal posti. Non v'è peggior sciupio di quello dell'erudizione, quando gira a vuoto, né superbia peggio giustificata dell'orgoglio dello strumento, che si consideri fine a se stesso."
Marc Bloch: Apologia della Storia o Mestiere di storico
Giulio Einaudi editore, Torino - 1981
traduzione di Carlo Pischedda
pagg. 85-86
catalogazione: libreria di fianco al divano
lunedì 11 gennaio 2010
temo si dovrà fare la guerra...
"JERRY: Come sta l'esercito?
G. PUSHING: Molto bene, signor Presidente. Alcuni si sono lamentati del mal di capo. (Si schiarisce la gola rumorosamente) Sono venuto a trovarla per dirle che temo si dovrà fare la guerra. L'altra sera ho avuto una conversazione con due dei nostri migliori generali. Abbiamo discusso a fondo la faccenda e l'abbiamo messa ai voti: tutti e tre a favore della guerra.
JERRY (allarmato): Senta, generale Pushing, ora ho moltissime cose per le mani e l'ultima cosa che vorrei avere è una guerra.
G. PUSHING: Sapevo che le cose non sarebbero andate bene con lei, signor Presidente. Infatti ho sempre pensato che a questa nazione occorresse un capo militare. Il popolo è inquieto e agitato. La cosa migliore per tenere occupate le loro menti è una bella guerra. Lascerà il Paese indebolito e scosso... ma docile, signor Presidente, docile. Ormai abbiamo votato e lei c'è in mezzo.
JERRY: E contro chi?
G. PUSHING: Questo non l'abbiamo ancora deciso. Discuteremo stasera i dettagli."
Francis Scott Fitzgerald: Postino o Presidente?
Il Saggiatore, Milano - 1962
traduzione di Domenico Tarizzo
pag. 69
catalogazione: libreria di fianco al divano
G. PUSHING: Molto bene, signor Presidente. Alcuni si sono lamentati del mal di capo. (Si schiarisce la gola rumorosamente) Sono venuto a trovarla per dirle che temo si dovrà fare la guerra. L'altra sera ho avuto una conversazione con due dei nostri migliori generali. Abbiamo discusso a fondo la faccenda e l'abbiamo messa ai voti: tutti e tre a favore della guerra.
JERRY (allarmato): Senta, generale Pushing, ora ho moltissime cose per le mani e l'ultima cosa che vorrei avere è una guerra.
G. PUSHING: Sapevo che le cose non sarebbero andate bene con lei, signor Presidente. Infatti ho sempre pensato che a questa nazione occorresse un capo militare. Il popolo è inquieto e agitato. La cosa migliore per tenere occupate le loro menti è una bella guerra. Lascerà il Paese indebolito e scosso... ma docile, signor Presidente, docile. Ormai abbiamo votato e lei c'è in mezzo.
JERRY: E contro chi?
G. PUSHING: Questo non l'abbiamo ancora deciso. Discuteremo stasera i dettagli."
Francis Scott Fitzgerald: Postino o Presidente?
Il Saggiatore, Milano - 1962
traduzione di Domenico Tarizzo
pag. 69
catalogazione: libreria di fianco al divano
domenica 10 gennaio 2010
solo desiderio di piccolo animale è sopravvivere
"Dentro recipiente, roditore bianco ha tremito. Fa piccolo dentro angolo. Singola goccia di urina gialla disegna striscia da animale a buco. Orecchio di roditore piega piatto contro dietro di testa. Fa sé più piccolo di che capace.
Istruttore penzola propria mano dentro recipiente così che dita accarezza bianca pelliccia sopra dietro di roditore. Durante accarezza pelliccia dice: «Solo desiderio di piccolo animale è sopravvivere». Dice: «Eccetto che animale è vettore di malattia». Dice, accarezzando pelliccia: «Piccolo animale sporco. Più ancora, istinto progetta riproduzione...»."
Chuck Palahniuk: Pigmeo
Arnoldo Mondadori editore, Milano - 2009
traduzione di Matteo Colombo
pag. 47
catalogazione: nessuna, libro appena acquistato
Istruttore penzola propria mano dentro recipiente così che dita accarezza bianca pelliccia sopra dietro di roditore. Durante accarezza pelliccia dice: «Solo desiderio di piccolo animale è sopravvivere». Dice: «Eccetto che animale è vettore di malattia». Dice, accarezzando pelliccia: «Piccolo animale sporco. Più ancora, istinto progetta riproduzione...»."
Chuck Palahniuk: Pigmeo
Arnoldo Mondadori editore, Milano - 2009
traduzione di Matteo Colombo
pag. 47
catalogazione: nessuna, libro appena acquistato
sabato 9 gennaio 2010
stili di comando
"Lo stile con cui il leader svolge il suo compito può essere fatto rientrare in una di queste due macrocategorie.
STILE ORIENTATO ALL'OBIETTIVO: in questo caso il leader si concentra principalmente sulle procedure e sull'organizzazione - che cosa fare, chi deve farlo, e come. Un leader votato al raggiungimento dell'obiettivo tende a prendere le decisioni e a dirigere gli altri.
STILE ORIENTATO ALLE RELAZIONI: in questo secondo caso il leader tiene in grande considerazione l'opinione degli altri e mira a trasformare il gruppo in una squadra di persone che collaborano e si aiutano a vicenda. Il capo mostra un forte interesse per le persone e le loro opinioni, le consulta prima di prendere delle decisioni, favorendo la coesione del gruppo e il buon umore generale.
Molte persone propendono per l'uno o per l'altro stile, ma non è indispensabile adottarne uno escludendo del tutto l'altro. Nessuno dei due, infatti, merita di essere scartato completamente, e un buon leader è in grado di trovare un equilibrio ottimale fra i due, anche in base alle caratteristiche del gruppo e alle esigenze del momento."
AAVV: Il grande libro della montagna
Arnoldo Mondadori editore, Milano - 2005
a cura di: Steven M. Cox e Kris Fulsaas
traduzione di Claudia Terraneo
pag. 533
catalogazione: il comodino del Bip
STILE ORIENTATO ALL'OBIETTIVO: in questo caso il leader si concentra principalmente sulle procedure e sull'organizzazione - che cosa fare, chi deve farlo, e come. Un leader votato al raggiungimento dell'obiettivo tende a prendere le decisioni e a dirigere gli altri.
STILE ORIENTATO ALLE RELAZIONI: in questo secondo caso il leader tiene in grande considerazione l'opinione degli altri e mira a trasformare il gruppo in una squadra di persone che collaborano e si aiutano a vicenda. Il capo mostra un forte interesse per le persone e le loro opinioni, le consulta prima di prendere delle decisioni, favorendo la coesione del gruppo e il buon umore generale.
Molte persone propendono per l'uno o per l'altro stile, ma non è indispensabile adottarne uno escludendo del tutto l'altro. Nessuno dei due, infatti, merita di essere scartato completamente, e un buon leader è in grado di trovare un equilibrio ottimale fra i due, anche in base alle caratteristiche del gruppo e alle esigenze del momento."
AAVV: Il grande libro della montagna
Arnoldo Mondadori editore, Milano - 2005
a cura di: Steven M. Cox e Kris Fulsaas
traduzione di Claudia Terraneo
pag. 533
catalogazione: il comodino del Bip
venerdì 8 gennaio 2010
beata cecità
"Può esistere vera informazione? La domanda non è oziosa come può sembrare. Perché ci sia richiesta di vera informazione, occorre che questa sia motivata dal desiderio di conoscenza. Questo è tutt'altro che scontato. Come psichiatri sappiamo bene quanto il desiderio di conoscenza - di conoscenza della verità - sia cosa assai poco ambita dagli uomini, talora combattuta pesantemente fino ad ammalarsi, fino a preferire di vivere nella negazione, nell'illusione e nella cecità."
Bruno Ballardini: Manuale di disinformazione
Castelvecchi editore, Roma - 1995
pag. 98
Bruno Ballardini: Manuale di disinformazione
Castelvecchi editore, Roma - 1995
pag. 98
giovedì 7 gennaio 2010
domande scomode sulla morte di Pantani
"Pantani.
1 metro e 72; 56 chili.
36 pulsazioni a riposo, 175 sotto sforzo massimo.
5,6 litri di capacità polmonare.
Potenza di pedalata: 430 watt.
Segni particolari: due tatuaggi. Un diavolo policromo rosso e nero, con un tridente e un cuore, emblema del Milan, sul bicipite destro. Una farfalla e una rosa sul petto.
Soprannome: elefantino, a causa delle sue orecchie sproporzionate.
Piatto preferito: piadina salsiccia e cipolle."
Philippe Brunel: Gli ultimi giorni di Marco Pantani
Rizzoli, Milano - 2008
traduzione di Giovanni Zucca
pag. 84
1 metro e 72; 56 chili.
36 pulsazioni a riposo, 175 sotto sforzo massimo.
5,6 litri di capacità polmonare.
Potenza di pedalata: 430 watt.
Segni particolari: due tatuaggi. Un diavolo policromo rosso e nero, con un tridente e un cuore, emblema del Milan, sul bicipite destro. Una farfalla e una rosa sul petto.
Soprannome: elefantino, a causa delle sue orecchie sproporzionate.
Piatto preferito: piadina salsiccia e cipolle."
Philippe Brunel: Gli ultimi giorni di Marco Pantani
Rizzoli, Milano - 2008
traduzione di Giovanni Zucca
pag. 84
mercoledì 6 gennaio 2010
Platone non tornerà
"I TEOLOGI.
Devastato il giardino, profanati i calici e gli altari, gli unni entrarono a cavallo nella biblioteca del monastero e lacerarono i libri incomprensibili, li oltraggiarono e li dettero alle fiamme, temendo forse che le pagine accogliessero bestemmie contro il loro dio, che era una scimitarra di ferro. Bruciarono palinsesti e codici, ma nel cuore del rogo, tra la cenere, rimase quasi intatto il libro dodicesimo della Civitas Dei, dove si narra che Platone insegnò in Atene, che alla fine dei secoli tutte le cose riacquisteranno il loro stato anteriore ed egli, in Atene, davanti allo stesso uditorio, insegnerà nuovamente tale dottrina. Il testo rispettato dalle fiamme godette d'una venerazione speciale e coloro che lo lessero e rilessero in quella remota provincia dimenticarono che l'autore aveva esposto una tale dottrina solo per poter meglio confutarla."
Jorge Luis Borges: L'aleph
Feltrinelli, Milano - 1961
traduzione di Francesco Tentori Montalto
pag. 34
Devastato il giardino, profanati i calici e gli altari, gli unni entrarono a cavallo nella biblioteca del monastero e lacerarono i libri incomprensibili, li oltraggiarono e li dettero alle fiamme, temendo forse che le pagine accogliessero bestemmie contro il loro dio, che era una scimitarra di ferro. Bruciarono palinsesti e codici, ma nel cuore del rogo, tra la cenere, rimase quasi intatto il libro dodicesimo della Civitas Dei, dove si narra che Platone insegnò in Atene, che alla fine dei secoli tutte le cose riacquisteranno il loro stato anteriore ed egli, in Atene, davanti allo stesso uditorio, insegnerà nuovamente tale dottrina. Il testo rispettato dalle fiamme godette d'una venerazione speciale e coloro che lo lessero e rilessero in quella remota provincia dimenticarono che l'autore aveva esposto una tale dottrina solo per poter meglio confutarla."
Jorge Luis Borges: L'aleph
Feltrinelli, Milano - 1961
traduzione di Francesco Tentori Montalto
pag. 34
martedì 5 gennaio 2010
non accapezzo
"Uno: Dio lu munno mantene; lu sole e la luna; tre: i tre Patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe; quattro: i quattro evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giuanno cantarono lu vangele 'nnanz'a Cristo. E tu nuvola brutta e scura che s'i vvenuta a ffà.
Ristuccia, ristuccia. No! Vattene 'a chelle parte scure, addò nun canta lo uallo e non venesse ciampa di cavaglio!"
Maria diceva queste parole con voce allazzante e infernosa in piena possessione di uno spirito maligno e con commerzione di corpo mentre quello scupillo nero si stagliava téseca nel muto della luce allascata dal fogliame. E pure bella sua tesichezza essa si quartiava quel momento soprannaturale che la scommigliava regina dell'inciarmo, padrona e signora dei gaggi scatobbi per le paure che avevano dentro, schiattosi per la sfattezza della loro fede e del loro animo.
'Io t'aggio ditto tutto, bella femmina, e mo ti devo lassà a lu destino tuo. L'ommo che tu hai nominato io nun lo veu fra la gente busnò di chisto paese. Sarrà come dici tu ma io ti dico che lu figlio tuo adda cumbattere cu ggente cchiù malamente 'e 'sto don Giacchino. Statte bbona, bella femmina, statte bbona', spezzò la zingara all'intrasatta, apparandosi il maccaturocon uno sturcio di dolore e movendo i primi passi per la scesa. Maria subì la strapannata nel sìntomo stesso in cui si trovava e non accapezzò l'intendimento di Plextarida che, nel mentre, già accalava al ponte di tavole sul lavarone, ma s'appuzzò al sonno frennesioso dell'inciarmo sparafonnando ai piedi della grossa quercia come smattita pure da quel lungo stranizzamento di calore."
Angelo Zara: Terrebbilio
Editrice Ponte Nuovo, Bologna - 1982
pag. 75
* la traduzione dal vernacolo beneventano non c'è ma ci vorrebbe.
Ristuccia, ristuccia. No! Vattene 'a chelle parte scure, addò nun canta lo uallo e non venesse ciampa di cavaglio!"
Maria diceva queste parole con voce allazzante e infernosa in piena possessione di uno spirito maligno e con commerzione di corpo mentre quello scupillo nero si stagliava téseca nel muto della luce allascata dal fogliame. E pure bella sua tesichezza essa si quartiava quel momento soprannaturale che la scommigliava regina dell'inciarmo, padrona e signora dei gaggi scatobbi per le paure che avevano dentro, schiattosi per la sfattezza della loro fede e del loro animo.
'Io t'aggio ditto tutto, bella femmina, e mo ti devo lassà a lu destino tuo. L'ommo che tu hai nominato io nun lo veu fra la gente busnò di chisto paese. Sarrà come dici tu ma io ti dico che lu figlio tuo adda cumbattere cu ggente cchiù malamente 'e 'sto don Giacchino. Statte bbona, bella femmina, statte bbona', spezzò la zingara all'intrasatta, apparandosi il maccaturocon uno sturcio di dolore e movendo i primi passi per la scesa. Maria subì la strapannata nel sìntomo stesso in cui si trovava e non accapezzò l'intendimento di Plextarida che, nel mentre, già accalava al ponte di tavole sul lavarone, ma s'appuzzò al sonno frennesioso dell'inciarmo sparafonnando ai piedi della grossa quercia come smattita pure da quel lungo stranizzamento di calore."
Angelo Zara: Terrebbilio
Editrice Ponte Nuovo, Bologna - 1982
pag. 75
* la traduzione dal vernacolo beneventano non c'è ma ci vorrebbe.
lunedì 4 gennaio 2010
quando le mensonge è maschile
"J'ais essayé recemment de faire un livre qui devait s'appeler 'L'homme menti'. C'était un homme qui mentait. Il mentait tout le temps, à tout le monde à propos des faits de sa vie. Le mensonge arrivait sur ses lèvres avant les paroles pour le dire. Il ne le sentait pas passer. Il ne mentait pas sur Baudelaire ou Joyce, ni non plus pour se vanter ou faire accroire à dès aventures qu'il aurait eues. Non, rien de cela. Il mentait sur le prix d'un pull-over, sur un trajet en métrò, l'horaire d'un film, une rencontre avec un copain, une conversation rapportée, un menu, un voyage en entier, les noms des villes compris, sur sa famille, sa mère, ses neveux."
Marguerite Duras: La vie materielle
P.P.L., Paris - 1987
pag. 93
Marguerite Duras: La vie materielle
P.P.L., Paris - 1987
pag. 93
domenica 3 gennaio 2010
annegare in rete
"Un libro è un libro quando è di carta, e perciò è qualcosa di stabile; diciamo che un libro è un piccolo monumento, anzi direi che è una pietra tombale, qualcosa che si erge contro il tempo e dice: qui giace sepolto l'elettroencefalogramma del tal dei tali (sempre che sia un libro nato dall'anima e non da un corso di scrittura creativa). E ognuno in casa sua (nella libreria) ha un piccolo cimitero di lapidi, o di elettroencefalogrammi, o di anime (per usare un termine che ha più tradizione), perché l'anima non emigra da nessuna parte, sta lì dove c'è la sua lapide. E essendo il libro un oggetto duplicabile, anche l'anima si è adattata alla duplicazione.
Un libro in rete invece che cos'è? Beh direi che è un essere insepolto e senza riposo, per via che non c'è un'urna per le sue ossa, e non c'è una pietra piantata per terra che dura...Uno scritto in rete ricorda i morti annegati nel mare..."
Ermanno Cavazzoni: Il limbo delle fantasticazioni
Quodlibet Compagnia Extra
Roma 2009
pag. 98
Un libro in rete invece che cos'è? Beh direi che è un essere insepolto e senza riposo, per via che non c'è un'urna per le sue ossa, e non c'è una pietra piantata per terra che dura...Uno scritto in rete ricorda i morti annegati nel mare..."
Ermanno Cavazzoni: Il limbo delle fantasticazioni
Quodlibet Compagnia Extra
Roma 2009
pag. 98
sabato 2 gennaio 2010
1947: l'India si spacca in due
"È stupefacente la velocità con cui vanno in rovina le case disabitate. In quella dei Singh ci sono crepe nei pavimenti di cemento e chiazze di umido sulle pareti. Nugoli di zanzare si alzano dagli angoli oscuri e lucertole si arrampicano fino al soffitto. Sembra una casa in lutto per coloro che sono partiti - preda dei fantasmi - come gli occhi di Ayah sono preda dei ricordi di Massaggiatore. Lei piange in segreto. La sorprendo spesso mentre si asciuga le lacrime. Lo splendore del suo smagliante color cioccolato si sta spegnendo. Ayah non riceve più visite. I suoi amici più fedeli sono scappati da Lahore. Lei non si fida di nessuno."
Bapsi Sidhawa: La spartizione del cuore
Neri Pozza, Vicenza - 1999
traduzione di Luciana Pugliese
pag. 198
Bapsi Sidhawa: La spartizione del cuore
Neri Pozza, Vicenza - 1999
traduzione di Luciana Pugliese
pag. 198
venerdì 1 gennaio 2010
l'anno nuovo come sarà?
L'anno nuovo
Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?
Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo il lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno.
Gianni Rodari: Filastrocche in cielo e in terra*
Einaudi, Torino -1997
*libro del bimbo Tommasino
Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?
Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo il lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno.
Gianni Rodari: Filastrocche in cielo e in terra*
Einaudi, Torino -1997
*libro del bimbo Tommasino
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