lunedì 27 aprile 2009

quando suona Paganini

La sala dei concerti era gremita di gente quando Paganini si fece avanti, con il violino in mano, e prese a suonare senza preamboli né cerimonie di sorta, abbandonando l'anima alla libera ispirazione. Paganini non sapeva mai prima cosa e come avrebbe suonato; tanto meno suonava come se volesse o dovesse fare musica per un rispettabile pubblico. No, egli suonava come fosse per se stesso o per nessuno; suonava come in estasi e appena aveva cominciato dimenticava che stava suonando. Anche questa volta era così, anche oggi che in sala sedevano pure principi e principesse venuti ad ascoltarlo, egli non sapeva nemmeno dov'era e suonava come per nessuno.
Ma proprio per questo suonava così bene. Egli suonava come fosse lo schiavo del suo magico suono, e il suono il demonico mago. Non tanto lui era il demone, quanto piuttosto il suono, esso soltanto ed egli, l'artista, era il soggiogato, perciò suonava come fosse la pallida luna d'argento che s'immerge nell'acqua nera e profonda di mezzanotte; come fosse la stella luccicante nel cielo buio e silenzioso; come fosse la parola che l'amante dice all'amato; come fosse un usignolo e non stesse in sé per il piacere di gemere e di trarre fragili sospiri; come fosse il superbo cavallo focoso e galoppasse alla battaglia, come fosse il guerriero ferito nella battaglia e dovesse morire delle sue ferite; come fosse pure la fanciulla sedicenne che sogna l'amore; come fosse il bacio, dato e ricevuto da due bocche palpitanti e febbrili, che si protraesse a lungo, come di due che perdutamente si amano e crudelmente dovessero dirsi addio per sempre, nel lungo spasimo dell'ultimo bacio solenne.
Così suonava e gli ascoltatori avevano lacrime agli occhi." (Robert Walser)

Racconti Musicali
a cura di Carlo Boccadoro
Einaudi, Torino - 2009
pag. 71

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